Venerdì 21 Marzo 2025
REDAZIONE CRONACA

Al-Kikli a Roma, scoppia il caso. Chi è il miliziano libico e il giallo dei tracciamenti aerei

Sarebbe venuto in visita al ministro di Tripoli ricoverato a Roma. Un dissidente libico posta su X una foto di ‘Gheniwa’ al capezzale di Adel Jumaa, ferito in un attentato nel febbraio scorso. Schlein: “Altro torturatore in Italia? Il Governo chiarisca”

Abdul Ghani Al-Kikli in piedi con Adel Jumaa, ministro degli Interni libico, Roma, 21 marzo 2025 (Ansa)

Abdul Ghani Al-Kikli in piedi con Adel Jumaa, ministro degli Interni libico, Roma, 21 marzo 2025 (Ansa)

Roma, 21 marzo 2025 – Esplode un caso intorno alla presenza di Abdul Ghani al-Kikli a Roma. Il capo della milizia libica Stability Support Apparatus, accusato di crimini contro l'umanità, è nella capitale in visita al ministro degli Affari Interni di Tripoli Adel Jumaa Amer, ricoverato a Roma. A denunciare la presenza di Al-Kikli è stato il dissidente libico Husam El Gomati che su X ha pubblicato una foto che ritrae il miliziano insieme ad altre persone intorno a un letto di ospedale.

Non sarebbe la prima volta che Al-Kikli viene in Italia: nel luglio scorso - secondo quanto riportato tempo fa dai media - era a Roma per le finali del campionato organizzate da Tripoli e ospitato nel nostro Paese. Ieri sarebbe atterrato a Fiumicino alle 18 (ma su questo dato ci sono fonti discordanti, come spieghiamo sotto), con alcuni esponenti libici di alto livello che compaiono nella foto.

Secondo Repubblica.it, che ha per primo diffuso la notizia, il nosocomio immortalato nella foto sarebbe l'European Hospital dell'Eur. Qui il ministro libico Adel Jumaa sarebbe stato trasferito per ricevere cure mediche dopo essere rimasto ferito in un attentato a febbraio

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Le accuse delle ong

Al Kikli è uno dei miliziani più potenti e noti in Libia. In passato ha guidato la Forza di sicurezza centrale di Abu Salim, una milizia formata dopo il 2011 in uno dei quartieri pià popolosi di Tripoli. Attualmente, comanda la milizia "Gheniwa", inquadrata nell'Autorità di supporto alla stabilita' (Saa), un apparato di sicurezza creato nel gennaio 2021. Ed è proprio con il nome “Gheniwa” che è conosciuto nel suo Paese.

El Gomati scrive su X che al-Kikli è accusato di tortura, sparizioni forzate e uccisioni. Fonti della Corte penale internazionale (Cpi) riferiscono che il miliziano non risulta nell'elenco pubblico delle persone per le quali la Corte ha rivelato l'esistenza di un mandato d'arresto. Tuttavia, già nel 2017, nel 2018 e più recentemente nel 2024, al-Kikli è stato identificato nei rapporti degli esperti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani come responsabile di gravi violazioni e abusi.

Ma sono le ong a dettagliare con minuzia quale sarebbero le accuse nei confronti del miliziano. Refugees in Libya, in un post su X, afferma che contro di lui "pende una denuncia presentata da Ecchr alla Corte penale internazionale, in cui viene accusato di almeno 501 episodi di torture, stupri, omicidi e sparatorie". 

Secondo Amnesty International, la milizia, guidata da Al Kikli, è stata creata dal governo della Libia nel gennaio 2021 ed è responsabile di uccisioni illegali, detenzioni arbitrarie di cittadini libici, intercettamenti e successive detenzioni arbitrarie di migranti e rifugiati, torture, lavori forzati e altri gravissimi crimini di diritto internazionale.

Abdel Ghani al-Kikli è stato nominato capo della milizia Stability Support Apparatus (Ass) "nonostante - scrive Amnesty - le sue ben documentate responsabilità in crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani. Le milizie sotto il comando di 'Gheniwa' hanno terrorizzato la popolazione del quartiere tripolino di Abu Salim mediante sparizioni forzate, torture, uccisioni illegali e altri crimini di diritto internazionale".

Ufficialmente, l'Ass è incaricata di garantire la sicurezza delle sedi e delle autorità di governo. Inoltre, partecipa ai combattimenti, arresta persone sospettate di reati contro la sicurezza nazionale e collabora con altri organismi di sicurezza.

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Polemiche e zone d’ombra

Se la presenza di Al Kikli in Italia è confermata dalla foto, l’origine e la data dell’immagina resta da chiarire.  I volti dei libici ritratti appaiono rilassati e sorridenti, quasi a voler trasmettere il rassicurante messaggio che il ministro Jumaa gode della protezione e della solidarietà delle autorità libiche.

Jumaa è noto per i suoi stretti legami con l'Italia: è stato infatti il referente per la parte libica del Business Forum italo-libico tenutosi lo scorso ottobre, al quale ha partecipato anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Appare quindi poco plausibile che esponenti di spicco di milizie libiche possano recarsi in Italia per "intimidire" un ministro considerato vicino a Roma senza che i servizi di sicurezza italiani ne siano a conoscenza.

Al contrario, la pubblicazione della foto potrebbe essere stata una scelta deliberata per comunicare un messaggio di distensione e normalità. 

Anche la tempistica dell'arrivo del miliziano in Italia solleva dubbi. Secondo El Gomati, sarebbe entrato nel Paese il 20 marzo 2025. Tuttavia, l'analisi dei tracciamenti aerei relativi all'aereo con matricola 5A-LBY - spesso utilizzato da delegazioni ufficiali libiche - rivela una sequenza piuttosto anomala.

In particolare, il volo in questione risulta schedulato il 20 marzo con partenza da Tripoli (aeroporto di Mitiga, MJI) alle ore 15:31 e arrivo previsto a Roma Ciampino (CIA) alle ore 18:00. Tuttavia, il volo non è mai atterrato nella capitale italiana, risultando ufficialmente "dirottato" su Beida (LAQ), città nell'est della Libia. Il dato appare nel registro come "Diverted to LAQ", senza ulteriori spiegazioni pubbliche. Poco dopo, sempre il 20 marzo, lo stesso velivolo è ripartito da Beida alle ore 17:22 ed è rientrato a Tripoli alle 18:48. Un arco temporale molto ristretto, difficile da conciliare con un eventuale scalo in Italia, che sarebbe stato impossibile da effettuare in cosi' breve tempo. Un'ipotesi, a questo punto, è che il leader miliziano abbia viaggiato su un altro volo, tramite una diversa combinazione logistica non rilevabile attraverso i tracciamenti pubblici, oppure in un'altra data precedente.

Chi è El Gomiti

L'attivista libico El Gomati è salito recentemente agli onori della cronaca in Italia anche perché figura tra i 90 obiettivi, tra cui diversi attivisti e giornalisti europei - compresi sette italiani - "infettati" con Graphite, uno spyware sviluppato dall'azienda israeliana Paragon Solutions, fondata dall'ex primo ministro israeliano Ehud Barak. 

Le reazioni

Annuncia un’interrogazione parlamentare Angelo Bonelli, deputato di Avs. Il co-portavoce di Europa Verde. “L'Italia, grazie al governo Meloni, è diventata la Montecarlo dei trafficanti di esseri umani, torturatori e stupratori: dopo il caso Almasri un altro vergognoso capitolo si aggiunge alla scellerata gestione della politica estera della destra”.

Chiede di far luce sulla presenza di  “un altro torturatore libico” a Roma anche la segretaria Dem Elly Schlein: “Il governo ci deve chiarire perché sta rendendo l'Italia un porto sicuro per le milizie e le mafie libiche", dice a Trapani, ai microfoni della Rai, a margine della XXX Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie promossa da Libera e da Avviso pubblico.