Inseguito nella notte. Insultato. Minacciato. Talmente terrorizzato da scappare in fretta e furia da Roma, direzione La Spezia, la sua città. È successo subito dopo la sconfitta della Roma contro il Napoli. Perché? Nicolò Zaniolo ha rotto con i giallorossi, s’è messo sull’Aventino chiedendo di essere ceduto. Di sicuro, la cosa è stata gestita male sia da Nicolò sia dal club. Con il risultato di scatenare non solo la rabbia ’sana’ dei tifosi per il voltafaccia di un giocatore eletto a a idolo, ma anche quella ’malata’ di coloro che minacciano, insultano e usano violenza fisica. Domenica notte Zaniolo è scappato con quella quindicina di scalmanati che gli urlava di andarsene, sotto casa sua, a Casalpalocco. Ha chiamato la polizia Zaniolo, si è calmato ma poi, via da Roma. Subito. Troppo pericoloso restare nella capitale.
Le avvisaglie c’erano state con gli striscioni offensivi appesi fuori Trigoria, il quartier generale del club, tra cui: "Traditore m... senza onore". Francesca Costa, la mamma influencer, già al centro di duelli social con gli ultras di altre squadre che in passato l’hanno offesa, ha prima scritto e poi cancellato sui social: "Aver originato tutto quest’odio mi sembra un tantino eccessivo", probabilmente diretto al club e forse Mourinho che certo non s’è sottratto a dichiarazioni ’dense’ sul caso Zaniolo. Sennò a chi altri potrebbe aver "originato"?
L’episodio di Zaniolo, che segue quello di Karsdorp scaricato pubblicamente da Mourinho è solo uno dei tanti. Talmente tanti che da diversi anni – precisamente dalla stagione 20132014 – l’Assocalciatori, sindacato di chi prende a calci un pallone, stila un report annuale dal titolo che già di suo mette i brividi: "Calciatori sotto tiro". Uno studio che annota tutto ciò che viene a galla sulle violenze di chi si crede padrone di stati e pallone - gli ultras - verso i giocatori e che non può tenere conto di quegli episodi ’sommersi’ al di fuori dei referti arbitrali e delle cronache. Nelle stagioni 201920 e 202021 prese in esame dallo studio, si sono verificati 114 casi di intimidazioni, violenze e minacce verso calciatori professionisti (il 63% in Serie A) e dilettanti – tenendo conto i lunghi mesi di spalti vuoti per il Covid – attraverso striscioni, atti veri e propri e l’ultimo triste fenomeno dei social, polveriera sempre pronta ad innescare il botto.
Il campionato più pericoloso? La Serie D con il 9% dei casi, trend in controtendenza con le ultime cinque stagioni, nelle quali era stato il campionato di Eccellenza quello in cui si minacciava di più, mentre un caso su dieci riguarda i campionati giovanili. La violenza si snoda con una certa ’democrazia’ tra Nord, Centro e Sud-Isole, mentre nei dati regionali il Lazio (20%) è in testa, seguito da Campania (13%) e Lombardia (11%). Sì ma come si snodano minacce, offese e intimidazioni? Il 31% attraverso cori, dentro e fuori dagli impianti sportivi. il 26% attraverso i social, sia direttamente sia sui profili di fidanzate, mogli, figli, fratelli. Il fenomeno si verifica in particolare attraverso l’azione di singoli che, in alcuni casi (pochi) vengono individuati e sanzionati dai club o dalle forze dell’ordine.
Gli striscioni offensivi valgono il 18% di questa censurabile lista, con uno su 5 che viene appeso sotto casa dei calciatori. Un caso ogni dieci (20%) è invece come quello di Zaniolo, sia negli impianti pubblici – con invasioni nei centri di allenamento (Cagliari nel 2019) o azioni intimidatorie negli stadi (Genoa costretto a togliersi la maglia a Marassi) sia per le strade. Infine, ogni 100 casi (6%) ben sei si tramutano in aggressione e violenza fisica, trend preoccupante ma in netto calo, se si considerà che le aggressioni fisiche nella stagione 201314 erano state il 35%.