
L’attrice romana è morta a 71 anni. I successi, gli amori e la malattia. Negli ultimi tempi invitava a "non sprecare il tempo, ogni giorno è un regalo".
Bogani
Aveva 71 anni Eleonora Giorgi: pochi, per andarsene, portata via da un tumore fra i più implacabili. L’aveva scoperto nell’autunno 2023: una tosse sospetta, un’ombra in una ecografia, una diagnosi che era già quasi una sentenza. Da quel momento, ha affrontato la malattia con coraggio, senza nascondere niente e senza nascondersi niente. A sostenerla, fino all’ultimo, i figli Andrea Rizzoli, avuto dal primo marito Angelo, e Paolo Ciavarro, avuto con Massimo, la nuora Clizia Incorvaia e il nipotino Gabriele, che in molte foto le fa ritrovare il sorriso.
"Non sprecate il vostro tempo: ogni giorno è un regalo", diceva negli ultimi tempi. E ha condiviso col pubblico tutte le tappe del calvario: le cure, gli esami. Senza autocommiserarsi. Fin dall’annuncio in tv della più temibile delle notizie, la diagnosi. Ha mostrato le sue paure per l’operazione, la chemio, l’allegria ricevuta dal nipotino. Si è mostrata senza capelli, "per incoraggiare a non vergognarsi del tumore". E ha detto, nell’ultima intervista: "Non lasciate solo chi soffre, soprattutto di domenica, il giorno più triste".
Per noi, Eleonora resterà sempre la ragazzina di quel film di Carlo Verdone, Borotalco. Una cascata di riccioli biondi, gli occhi azzurri spalancati, un’intelligenza brillante, vivace. Capace di tener testa a Carlo in ogni scena. Era apparsa nel cinema che non aveva neanche vent’anni: icona, simbolo di una seduzione sprint, lieve, spumeggiante. E pensare che il cinema non lo voleva fare. "Non ci pensavo neanche: volevo fare la restauratrice", ci confidò in una intervista. Era taciturna, riservata, solitaria. Stava preparando l’esame per l’Istituto di restauro. E, invece, la vita decide per lei in tutt’altro modo. "Avevo fatto qualche foto da modella, nonostante fossi cicciottella e bassa", diceva. Le foto vengono viste dal regista Tonino Cervi. Ed ecco il primo film. Aveva 19 anni.
Il primo film, in realtà, fu una particina in Roma di Fellini. "Ero col mio primo ragazzo, andavamo sempre in moto. Fellini cercava ragazzi in motocicletta, così presero anche noi. Nel gruppone c’era anche un ragazzo allampanato, un certo Renato Zero…". Era tutto un gioco, ancora. Poi arriva Storia di una monaca di clausura. "In una scena, dovevo togliermi le vesti nobiliari per indossare il saio. Rimanevo nuda per qualche attimo, pensavo fosse una necessità del racconto, non capivo che era una scusa, per mostrarmi come soggetto erotico. Cominciò tutto così".
Erotismo all’italiana. Un modello, il suo, lontanissimo da quello delle maggiorate, Loren, Lollobrigida, ma anche lontano dalla sensualità mediterranea e sentimentale di Edwige Fenech. Lei, con quel viso da Primavera di Botticelli, eredità di una famiglia italo-inglese, con ascendenze austro-ungariche nel ramo materno, rappresentava la seduzione adolescente, post 1968, una seduzione in jeans, dopo che la rivolta giovanile aveva già fatto presa, gli studenti in giacca e cravatta erano spariti per sempre, e anche i quarantenni erano disarmati, di fronte alla nuova ventata di seduzione allegra, disinvolta, giocosa.
Il gioco si trasforma però in tragedia nel 1974. "Mi fidanzai con Alessandro Momo. Giovanissimi tutti e due, spersi in un mondo di intellettuali. Morì tragicamente, sulla mia moto. Gliela avevo prestata io, quel giorno mi disse: “te la riporto alle sette!“. Ebbe un incidente, mio padre lo venne a sapere, mi precipitai come una pazza, lo trovai steso in terra, già morto". Inizia un periodo difficile: "Tanto lavoro, ma anche tanta solitudine. E la droga. Un periodo buio dal quale sono uscita grazie all’uomo che mi ha salvata". L’uomo è Angelo Rizzoli. Lo sposa nel 1979, e nel 1980 nasce Andrea. "Mi ha salvata, mi ha capita, mi ha dato la forza di vivere". Affronta anche ruoli drammatici, ma la sua chiave sarà sempre la commedia.
Nel 1982 c’è Borotalco: "Per la prima volta, con un regista, non mi sentivo più come una studentessa nella stanza dei professori: Carlo era un ragazzo come me, nel camper ascoltavamo Jimi Hendrix!". La chimica è perfetta, il film è un grande successo, arriva il David di Donatello come migliore attrice protagonista. Lavora anche con Celentano, è un nome forte per il botteghino, e continua a inanellare successi. Intorno ai 30 anni, è un’attrice splendente e perfettamente consapevole.
Poi il divorzio da Rizzoli nel 1984. "Da allora sono stata estromessa brutalmente da cinema e tv". Torna a lavorare con Verdone in Compagni di scuola (1988), il film più chiaroscurale di Carlo. Nella sua vita privata appare Massimo Ciavarro. "Era un ragazzo che aveva sofferto, aveva perso il padre molto presto. Con lui ho avuto il mio secondo figlio, siamo andati a vivere in campagna". Una vita inquieta, sempre alla ricerca di un centro di gravità permanente.
Gli anni Novanta e Duemila saranno quelli della tv. Nel 2009, la seconda regia cinematografica, L’ultima estate, prodotto con Ciavarro. Nel 2018 partecipa a Ballando con le stelle e al Grande Fratello vip. È stata intelligente, spiritosa, vitale, modernissima. Un anno fa, Carlo Conti le aveva consegnato un meritato David alla carriera.