Lunedì 6 Gennaio 2025
ANNA
Cronaca

Acido sulla ex. Quell’orrore per cancellare

Anna Vagli A Verbania, un uomo di sessant’anni è entrato nel salone di parrucchiera della sua ex compagna con un flacone di...

Anna Vagli

A Verbania, un uomo di sessant’anni è entrato nel salone di parrucchiera della sua ex compagna con un flacone di acido muriatico. L’ha spinta in uno sgabuzzino, l’ha picchiata e ha cercato di sfregiarla per sempre lanciandole il liquido sul volto. Voleva cancellarla. Non solo ferirla. Le urla disperate della donna hanno richiamato i clienti di un bar vicino. Lei è stata salvata. Lui è stato arrestato per lesioni gravissime. Ma perché l’acido? E soprattutto, perché il volto? Il volto è ciò che racconta chi siamo, la prima cosa che gli altri vedono. È il nostro biglietto da visita, la mappa delle nostre emozioni, il riflesso dei nostri sentimenti e il simbolo della nostra identità. Colpirlo con l’acido significa dire: "Non sarai più te stessa". È una sentenza: annientare, trasformare la vittima in un’immagine spezzata e fragile. Perché è lì che risiede il significato più profondo, la libertà di essere, di mostrarsi, di vivere senza vergogna. Quel volto deturpato non è solo una ferita: è un trofeo, la prova tangibile del potere di chi ha deciso di ridurre un altro essere umano alla propria volontà. L’acido muriatico non si limita a bruciare la pelle. Colpisce molto più in profondità: distrugge la connessione con gli altri, si cancella il senso di appartenenza, nega alla vittima la possibilità di riconoscersi e di farsi riconoscere.

E l’aggressore lo sa. Per questo non gli basta punire. Vuole che quella punizione sia visibile, eterna. L’acido lascia cicatrici che non si possono ignorare, una prigione visibile che accompagna la vittima in ogni istante, in ogni sguardo ricevuto. Per sempre. A Verbania, però, il piano è andato in fumo. Nonostante la violenza, quella donna ha trovato la forza di gridare. Le sue urla sono state il primo segnale di resistenza e sono riuscite a fermare una furia che voleva ridurla a una cicatrice vivente.