Chiara
Di Clemente
Quattrodicesimo nella classifica finale dell’ultimo Festival di Sanremo, Achille Lauro ha strappato il suo biglietto per l’Eurovision Song Contest (a maggio a Torino) grazie alla vittoria del concorso felicemente trash sabato sera a San Marino. Un trionfo furbetto e annunciato, escluso in questa scorciatoia che – tra uno Scanu e un Basti Schmidt in body scosciatissimo e tacco 12 – lui perdesse: Lauro era stato espressamente invitato dagli organizzatori e si sa, quando si muove Lauro non si muove solo un cantante tal dei tali ma un sedicente intero progetto artistico concettuale, mica pizza e fichi. Poco importa che poi l’atto monumentale si traduca in brani tipo Domenica (Sanremo) o il nuovo Stripper, che è meglio di Domenica ma non ci voleva granché. A firmare Stripper ci sono più autori di quante parole ci siano nella canzone, e le parole sono slogan che citano Depeche Mode, Clash, Britney, la Caselli. È un inno rock alla fluidità, Lauro il macho truccatissimo, mimando baci con gli amici della band, canta: "mi metto la gonna più corta che ho e vado fuori". In sintesi: un Damiano dei Maneskin con molta meno credibilità, e soprattutto con un anno di ritardo. L’altro pensoso profondo plus artistico (pro fan agée) è la seminudità garantita in scena dal titolo, per quanto è piuttosto accertato che Lauro canterebbe seminudo pure una canzone intitolata Scafandro. L’Italia è chiamata – poiché lo permette il regolamento – a televotarlo in massa. Basterà chiudere gli occhi e ricordarlo quando era un tamarro in Rolls Royce. Strafottente come sempre, ma almeno autentico.