Roma, 21 ottobre 2016 - In Italia 7 medici su 10 sono obiettori e l’interruzione volontaria di gravidanza è praticata nel 60% delle strutture. Questi i report del ministero della Salute, le associazioni leggono i dati in chiave critica dipingendo un quadro fatto di dinieghi e titubanze di fronte all’esigenza di sacrificare un feto. La percentuale di medici obiettori in Francia è del 3%, in Svezia l’1% e in Germania il 6%, siamo secondi solo alla Polonia. Una situazione che ha spinto il Consiglio d’Europa a tutelare chi non ha optato per l’obiezione di coscienza. A Giovanni Scambia, direttore del polo Scienze della Salute della Donna e del Bambino dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma, che a gennaio subentra a Paolo Scollo al vertice della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) abbiamo chiesto della situazione obiettori sollevata dai fatti di Catania.
«L’OBIEZIONE è un diritto del medico, non si può forzare la mano – afferma il presidente dei ginecologi italiani – prescindendo dal caso specifico nel quale non entro. Si possono configurare situazioni cruciali, penso alla diagnosi di tumore in gravidanza, sappiamo che oggi è possibile curare salvaguardando il benessere del nascituro e la salute della gestante. Di fronte al bivio noi interpelliamo i comitati etici. Anche l’obiettore si può trovare a dover sacrificare una vita, se non c’è alternativa. Ogni scelta in medicina ha un rischio ponderato, ma sicuramente oggi le situazioni nelle quali la vita fetale e la vita materna vanno in conflitto sono rare, in molti casi si possono salvare entrambe o si può trovare il compromesso giusto».
NEL RESTO d’Europa esistono espressioni diverse sul tema. C’è un’obiezione ancora molto radicata in Spagna. E ci sono situazioni come la Francia, dove si eseguono tanti aborti indotti chimicamente, ma dove è pure in atto una forte ripresa demografica sostenuta da coppie giovani e prolifiche, contrariamente a quanto accade in Italia.
L’ABORTO laddove possibile va sempre evitato, si rende necessario solo in casi estremi per salvare la vita della gestante. E la contraccezione responsabile? «È una libera scelta – precisa il presidente Sigo – penso che vada promossa nelle forme opportune, sotto controllo sanitario». Al congresso degli ostetrici si è affrontata la piaga degli aborti utilizzati impropriamente come contraccettivo. Tra il 2011 e il 2013 sono stati registrati in Italia 30.000 casi annui di interruzioni volontarie (ivg) ripetute, per una spesa (evitabile) tra i 117 e i 135 milioni di euro in tre anni. Da un’analisi dall’Aogoi, Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri, nel 60% dei centri, contestualmente all’ivg, viene prescritto il contraccettivo.
«Al ministro Lorenzin chiederei di promuovere politiche di accompagnamento alla maternità, programmi che coinvolgano insieme medici, politici e società civile – conclude il presidente Scambia – il calo delle nascite è legato a situazioni socioeconomiche, scelte di vita. Da parte nostra dobbiamo tutelare la salute della donna e delle nuove generazioni. Passi avanti importanti si sono fatti nella prevenzione dei tumori, penso alla vaccinazione per il papilloma, e nella genetica per la cura dei tumori ovarici, nella chirurgia e nei programmi per la fertilità e la tutela della riproduzione».