Milano, 31 dicembre 2024 – "Stupito dalle accuse contro di me”. Continua a proclamarsi estraneo a quanto gli viene contestato, Mohammad Abedini Najafabadi, il tecnico informatico iraniano di 38 anni arrestato all’aeroporto di Malpensa e ora detenuto al carcere di Opera. Lui e il connazionale Mohammad Sadeghi – fermato negli Stati Uniti – sono accusati da Washington di cospirazione per esportare componenti elettronici in Iran in violazione delle leggi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. La finalità di questo ‘traffico’ sarebbero legate al terrorismo.
Abedini ha parlato con il suo difensore Alfredo de Francesco per alcune ore, ma senza mai citare il caso di Cecilia Sala. Secondo quanto riferito dallo stesso avvocato, l’iraniano avrebbe appreso dell’arresto della giornalista italiana dai telegiornali in carcere.
Nella giornata di ieri, de Francesco ha depositato un’istanza alla Corte d'appello di Milano per richiedere i domiciliari per il suo assistito, fornendo anche l’indirizzo di un’abitazione nel capoluogo lombardo. Nella domanda, l’avvocato ha sottolineato che non sussiste il rischio di fuga, anche perché Abedini è un “soggetto altamente qualificato”, e ciò sarebbe una “garanzia”.
Quali sono i prossimi passi? La Corte trasmetterà l’istanza alla Procura generale per un parere non vincolante, e l’udienza in cui verrà vagliata la richiesta potrebbe slittare alla prossima settimana.
Incerto anche il destino di Sala: non è detto che la sua liberazione dal carcere di Evin avvenga in tempi stretti. Ieri le autorità iraniane hanno fatto sapere che la giornalista sarebbe stata arrestata per delle violazioni alle leggi islamiche in vigore nel Paese.