Boni
Ha le ginocchia che affondano sulla sabbia fredda, gli occhi chiusi, la tenda che oscilla spinta dal vento del mattino e il volto rivolto alle stelle. Non è un San Giuseppe che loda l’altissimo per la venuta di Cristo, anche se la terra è la stessa, ma un padre disperato in preda a un dolore senza fine: la morte di due figli neonati gemelli per assideramento a distanza di sole 24 ore. Sembra un Vangelo scritto al contrario, un presepe alla rovescia. Laggiù, nella terra in cui 2024 anni fa vide la luce Gesù di Nazaret in una capanna, nello stesso periodo che anticipa la venuta dei Magi, muoiono neonati di freddo. Non è la strage degli innocenti di Erode. Sono trascorsi millenni da allora, la civiltà avrebbe dovuto evolversi, ma nonostante tutto il sangue incolpevole continua a impregnare le dune. Non siamo a Betlemme, ma a 90 chilometri a sud ovest da lì, sulla striscia di Gaza, non ci sono re Magi, ma bambini scalzi che si aggirano nel gelo, tra due milioni di persone: muoiono giorno dopo giorno, per le conseguenze di una guerra tragica che sta dilaniando una terra. Muoiono di stenti e di bombardamenti israeliani.
E ieri, all’ospedale Martiri di Al-Aqsa, anche Ali è spirato, era il gemellino di Joma al-Batran. Yehia, il padre dei due bambini, aveva riferito di essersi risvegliato nella propria tenda di Deir Al-Balah l’altro ieri e di aver trovato uno dei figli morto, con la testa "fredda come ghiaccio". Immediatamente Ali, l’altro piccolo, era stato trasportato in ospedale, ma non c’è stato nulla da fare. Ieri notte è morto per le conseguenze dell’assideramento. Due gemelli di un mese morti in ventiquattr’ore a causa del gelo. Nelle scorse settimane altri quattro bambini appena nati tra i 4 e i 21 giorni erano deceduti negli accampamenti privi di riscaldamento, gremiti da migliaia di sfollati in fuga dai bombardamenti. Nelle tende sulla costa, infatti, la temperatura la notte scende sotto allo zero e il rischio di morte per i bambini è altissimo.
L’ufficio stampa governativo di Gaza, Wafa, ha affermato che a partire da queste ore sono previste altre intense piogge, che rischiano di aggravare la sofferenza delle persone confinate nella Striscia. Non sembra a nessuno di scorgere ombre di speranza all’orizzonte, nonostante l’epifania a due passi. Anzi, anche ieri il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha lanciato un vero e proprio appello a Israele per fermare i raid militari sugli ospedali di Gaza, addirittura intensificatisi negli ultimi giorni. "Gli ospedali di Gaza sono tornati a essere campi di battaglia e il sistema sanitario è gravemente minacciato – ha scritto ieri Ghebreyesus su X –. Ripetiamo: fermate gli attacchi agli ospedali. La gente di Gaza ha bisogno di accedere all’assistenza sanitaria. Gli operatori umanitari hanno bisogno di accedere per fornire assistenza sanitaria. Cessate il fuoco!".
Chissà se i bambini morti di freddo verranno contati insieme a quelli, migliaia e migliaia, che tutti i giorni muoiono per le bombe. Chissà se chi conta i morti riesce a tenere il conto. 2024 anni fa da queste parti i cieli la notte s’illuminavano per una cometa. Oggi per i missili. Ogni volta che ne cade uno, muore un pezzo di speranza. Ormai ne sono rimaste briciole. Non c’è presepe che tenga. Sono troppi i padri in ginocchio, con gli occhi chiusi e la testa rivolta alle stelle.