di Gabriele Moroni
Eupilio (Como)
"Nella vita si possono perdonare tante cose, altre no. Che vadano al processo e che paghino quello che devono pagare". La soddisfazione amara, dolorosa di Marina Mazzotti, la sorella maggiore di Cristina. Fra meno di un anno è attesa da un’altra durissima prova, un nuovo processo. Sequestro. Omicidio. Nei giorni scorsi, nell’udienza preliminare, la gup di Milano, Angela Minerva, ha rinviato a giudizio Demetrio Latella (69 anni, di Reggio Calabria), Giuseppe Calabrò (73 anni, di San Luca), Antonio Talia (72 anni, di Africo), Giuseppe Morabito (79enne, di Africo, da tempo trapiantato nel Varesotto). Compariranno davanti alla Corte d’Assise di Como, accusati di essere gli esecutori materiali del rapimento di Cristina, che finora erano rimasti senza volto. A Morabito viene attribuito anche il ruolo di ideatore. È trascorso quasi mezzo secolo da quella notte di luglio del 1975, la notte del rapimento, terminato con la morte dell’ostaggio. "Per noi – dice Marina – era fondamentale che si continuasse e si arrivasse al processo. Speriamo che il processo possa fare luce su una parte del sequestro che è rimasta oscura".
La sorella di Cristina sarà in aula a Como?
"Non lo so. All’epoca avevo seguito l’altro processo. Avevo sofferto molto, moltissimo, vedendo quelle facce. Vedremo l’anno prossimo, abbiamo un anno per pensarci e decidere come comportarci".
Anni fa uno del gruppo dei condannati di allora ha chiesto perdono. Marina e il fratello Vittorio hanno deciso di no. Il loro atteggiamento non è cambiato.
"Nella vita – spiega Marina Mazzotti – si perdonano tante cose, ma per altre il perdono è impossibile. Da quella tragedia è derivato un male per tutti, non solo per la mia famiglia, mio padre, mia madre, noi fratelli, gli zii, i cugini, ma anche per tutte le persone che avevamo attorno, che ci erano vicine e ci volevano bene. Ha segnato tutti, ha cambiato la vita di tutti. È stata una sofferenza anche per i nostri avvocati". Elios Mazzotti, il padre di Cristina, se ne andò sei mesi dopo la figlia, tradito da un cuore ormai troppo provato. Prima di morire, aveva rivolto una raccomandazione accorata a Marina e Vittorio: "Allevate i vostri figli nell’amore del prossimo".
Carla Airoldi, la madre, si è spenta all’inizio dello scorso luglio, a 98 anni. Rimangono i ricordi, dolci e insieme strazianti ogni volta che affiorano e vengono rivissuti. Cristina, Cri-Cri, era la bambina, la piccolina di casa, di undici anni minore del fratello, di otto della sorella, e tutti avevano dato una mano per tirarla grande. Cristina che amava i bambini, felice quando i fratelli aspettavano i loro. Arianna, figlia di Vittorio, venne al mondo nei giorni più cupi, più tristi e per Marina fu subito una nipote "speciale". L’ultimo Natale trascorso insieme, in Argentina. Era il 1974. Cristina ci era andata accompagnata da Manuela, l’amica che era con lei e con il fidanzato di Cristina anche quella sera di luglio di quarantotto anni fa. Il processo inizierà il 25 settembre del prossimo anno. Vittorio e Marina Mazzotti, assistiti dall’avvocato Fabio Repici e dall’avvocato Ettore Zanoni, si sono costituiti parte civile.