
La Giornata Internazionale della Donna al Quirinale (Ansa)
Roma, 9 marzo 2019 - Al Quirinale le parole di Stefania, 24 anni, risuonano tanto terribili quanto vere: «Mi addolora che si consideri un lavoro la prostituzione, per me è stata una tortura. Sono diventata una cosa da comprare, come andare dal macellaio. Non capirò mai come una persona che si definisce uomo possa non avere pietà di una ragazza che sanguina, che piange». La ascoltano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con accanto la figlia, il premier Giuseppe Conte, tante cariche dello Stato, tante donne. Il Capo dello Stato ha ricevuto tutti nel salone dei Corazzieri per un 8 marzo pieno di mimose e di spine: la giornata è dedicata alla nuova schiavitù della tratta degli esseri umani, alla violenza contro le donne.
In tempi in cui si rispolvera l’idea di riaprire le case chiuse abolendo la legge Merlin, che, precisa Mattarella, «fu una tappa importante nel cammino di liberazione delle donne» e su cui bisogna riflettere, le parole del presidente – come quelle di Stefania – suonano come un monito: «Lo sfruttamento sessuale delle donne è una pratica criminale purtroppo diffusa. È bene chiamare questa condizione con il nome appropriato: schiavitù. Si tratta dell’infame schiavitù del nostro secolo», attacca Mattarella. La domanda di «prostitute schiave», continua, è alimentata «da uomini, di ogni età e censo, che approfittano di queste povere donne». «Non possiamo continuare ad assistere inerti alla violenza nelle case e nelle strade - esorta Mattarella -. Ancora ieri sono state assassinate due donne vittime di una violenza prodotta da distorte e criminali mentalità di possesso e dominio».
Il capo dello Stato guarda non solo ai casi di violenza – e nella sola giornata di ieri si sono contati sette casi denunciati di maltrattamenti, abusi sessuali e botte contro le donne – ma anche alla lotta per la parità di genere ricordando che «la condizione femminile è uno di quegli elementi che attestano il grado di civiltà raggiunto da un paese». Intanto le piazze d’Italia, a Napoli come a Firenze, come a Roma (in 50 città in tutto), si sono riempite di donne che non solo hanno aderito allo sciopero femminista globale dal lavoro produttivo e di cura ma hanno anche rilanciato alcuni ‘no’ a interventi legislativi proposti dal governo Lega-M5s.
Nella capitale il corteo #Nonunadimeno, partito da piazza Vittorio, ha toccato sia il ministero della Salute che quello del Lavoro e ha chiesto, tra l’altro, di «ritirare immediatamente il ddl Pillon che va perché ci riporta indietro sul fronte dei diritti. Chiediamo al Governo di invertire la rotta a livello di politiche e di fare qualcosa per arginare le violenze di genere e i femminicidi». Non è mancata una polemica con il vice premier Matteo Salvini per una foto esposta, pare, in un corteo a Firenze con la faccia del ministro in un obiettivo: «Ecco, bel pacifista. Sarà mica normale un manifesto del genere. Poi il problema sono io...», ha chiosato Salvini.