Cocquio Trevisago (Varese), 30 novembre 2009 - Le parole di Nunzia — figlia di Giuseppe Piccolomo, 58 anni, presunto omicida di Carla Molinari, l’ex tipografa di 82 anni uccisa il 5 novembre nella sua villetta e mutilata dal killer delle mani — davanti alla telecamera del Tg2, raggelano il sangue. La maggiore delle figlie dell’ex imbianchino, uno sguardo in cui si leggono paura e angoscia, davanti al microfono non esita a dire del padre: «Sono convinta che sia un assassino».
La giovane donna nasconde un dramma familiare con cui ha convissuto a lungo, quello di un rapporto difficile con un genitore che, secondo il suo racconto, «è sempre stato violento, irascibile, capace di qualunque cosa». Parole pesanti come macigni. Nunzia Piccolomo ha raccontato di non vedere più il padre da 7 anni, di averlo cancellato per sempre dalla sua vita. Ora quel genitore mai rimpianto perché violento e capace di tutto, è in carcere con l’accusa di omicidio. E la figlia non ha dubbi sulla colpevolezza del padre, anzi, chiede che venga accertata anche la verità a proposito dell’incidente automobilistico nel quale, 6 anni fa, morì carbonizzata la madre, Marisa Maldera.
«Quando mi dissero che cosa era accaduto alla mamma, morta carbonizzata in auto mentre lui non si era fatto neppure un graffio — accusa Nunzia —, ho subito pensato che fosse stato lui». Adesso, con la sorella minore Cinzia, chiede giustizia per la morte della mamma. E il caso potrebbe essere riaperto. Cinzia fa risalire i problemi di Piccolomo con la moglie proprio a quando l’attuale compagna dell’uomo — una marocchina che ora è nel suo Paese con i due figli piccoli della coppia — cominciò a lavorare nel ristorante-pizzeria della coppia, dalla gestione fallimentare: «Era la sua ombra, abbiamo cercato di aprire gli occhi a nostra madre».
Intanto Piccolomo, interrogato ieri mattina in carcere a Varese dal gip Giuseppe Fazio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il suo legale, Simona Bettiati ha chiesto la scarcerazione per l’assenza di gravi indizi di colpevolezza, mentre il pm Luca Petrucci ha chiesto la convalida del fermo e la custodia in carcere. Il giudice deciderà oggi.
Pronto a incontrare il presunto assassino è il parroco di Cocquio Trevisago, don Hervè Simeoni, che sente il dovere «di essere cristianamente vicino a chi ha calpestato la dignità della propria vita. La dignità di figlio di Dio non viene tolta nemmeno a chi si macchia di un delitto così orribile». Don Simeoni, qualora l’ex imbianchino lo chiedesse, è dunque pronto all’incontro. «Lo farei — spiega — non come don Hervè, ma come farebbe qualunque sacerdote per via del suo ministero dentro un cammino di recupero della dignità umana».
Si cercano ancora le mani dell’anziana ex tipografa. Non hanno dato esito le ricerche nel giardino dell’abitazione di Piccolomo, l’ipotesi al vaglio degli inquirenti è che possano essere state gettate nel torrente Bardello, un corso non lontano dall’abitazione dell’ex imbianchino a Ispra.
E per Cocquio Trevisago, piccolo paese sconvolto dall’orribile fine di Carla Molinari, è ancora impossibile recuperare serenità nonostante il fermo del presunto colpevole. Al lavoro adesso sono gli psicologi messi a disposizione dall’amministrazione comunale per aiutare i cittadini, soprattutto anziani, a lasciarsi alle spalle paure e stati d’ansia che si sono manifestati dopo l’efferato delitto che ha messo sotto i riflettori mediatici un piccolo paese che ora vuole tornare alla sua normalità.
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