Lunedì 23 Dicembre 2024
RAFFAELE MARMO
Archivio

Ristrutturazione del debito, il boomerang che l’Europa non ha visto

I nomi sono inglesi, ma i rischi (o le possibili fregature) sono tutti italiani. E, dunque, ben venga un ampio dibattito pubblico, con tanto di voto «informato e consapevole» del Parlamento sull’ultimo marchingegno inventato dalle tecnocrazie europee per la cosiddetta stabilizzazione finanziaria dell’Unione. Non sappiamo quali affidamenti il premier Giuseppe Conte abbia dato ai partner europei in vista del vertice dei Capi di Stato e di governo del 13 dicembre prossimo, per la firma della riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. Ma non è (o non è più questo) il punto. Il punto è che dopo il Bail-in (o «salvataggio interno», a danno anche dei depositi sopra i 100mila euro) nel caso di fallimenti bancari, e dopo il Fiscal Compact (il Patto di bilancio europeo, chiave di volta del rigore di Bruxelles), sarà più che mai opportuno, anzi pregiudiziale, vederci ben chiaro sulle nuove regole dell’Esm (secondo l’acronimo inglese), sui suoi effetti e vantaggi (se ve ne sono), ma prima ancora sui suoi vincoli e pericoli. E sarà più che mai essenziale che questa volta cittadini e parlamentari siano a conoscenza dell’oggetto misterioso «prima» di accettarlo e non «dopo», come è accaduto in passato. Ebbene, un utile e autorevole contributo, in questo senso, lo ha offerto il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, in un intervento di qualche giorno fa. Riferendosi a una possibile attivazione del Mes, il numero uno di Palazzo Koch avvisa significativamente: «I piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere bilanciati con il rischio enorme che il semplice annuncio di una sua ristrutturazione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default, le quali potrebbero rivelarsi autoavveranti». Con il solo Esm – questa la sostanza – rischiamo un boomerang. Mentre diversa sarebbe la prospettiva se si arrivasse contestualmente alla creazione di un vero fondo sovranazionale (al quale trasferire il rischio del debito), finanziato dai Paesi partecipanti e magari in un momento successivo dagli Eurobond. Il tutto con il completamento dell’unione bancaria, ma non nella versione che sta bene solo alla Germania. In fondo è la logica del "pacchetto" alla quale sembra essersi convertito anche Conte. Dunque, almeno questa volta, almeno per una volta, gli avvisi a stare accorti giungono prima che i buoi siano scappati. E non è un cambiamento da poco.