Roma, 27 giugno 2018 - Ho visto spegnersi nella dipendenza dall’azzardo ogni mia serenità familiare. E ho patito le conseguenze di un vizio capitale che, quando si appropria della mente, lascia poco scampo. Non parlo solo dei denari andati in fumo ai tavoli verdi: quelli sono poca cosa al confronto della salute, degli affetti e della tranquillità. Ve ne parlo a cuore aperto perché il fenomeno sta assumendo dimensioni che travalicano anche ogni mia più pessimistica immaginazione. Illudermi che la mia esperienza possa raggiungere anche un solo giocatore vicino al baratro, mi facilita il compito di raccontare qui percorsi, pur di pubblico dominio, ma sempre personali e dolorosi. Sappiate che, comunque, i conti con l’azzardo diffuso saremo chiamati a farli tutti. Mio padre, un uomo unico che aveva scalato le vette più difficili, si sparò in testa una notte del 1983 dopo aver perso una fortuna al gioco. Rimase miracolosamente vivo, ma irreversibilmente cieco e fu un calvario. Ai tempi il fenomeno era circoscritto alle sale ovattate dei casinò, nelle quali si logoravano le fortune di magnati rampanti. Oggi nei nostri bar trasformati in Las Vegas della porta accanto si rovinano i padri di famiglia. E non solo: quante disgrazie familiari sono strettamente connesse con la ludopatia? Senza parlare dei legami stretti tra gioco legalizzato e capitali di dubbia provenienza. Accendendo un computer chiunque può provare l’ebbrezza di sfidare la sorte. Nessuno mette in guardia che si è perdenti in partenza: è la matematica ad affermarlo.
Gioco d'azzardo, allarme giovani. Uno su tre dipendente
Perché non esistono tutele, limiti, preclusioni? Eppure sarebbe semplice, nel mondo della tecnologia, disciplinare un fenomeno così grave. Vedere che lo Stato biscazziere favorisce la disfatta dei propri cittadini è una realtà ancor più ardua da accettare: quelle poche gabelle raccolte – tra imposizioni agevolate e riscossioni ‘dimenticate’ – non riusciranno mai a compensare i costi sociali del fenomeno. Riportare questa contagiosa anarchia alla normalità è oggi uno dei doveri essenziali dello Stato. Mi auguro che qualcuno se ne prenda l’onere, lasciando da parte clamorose propagande elettorali: impedire che l’Italia si perda dietro a una macchinetta mangiasoldi significa fare davvero il bene degli italiani.