Altro che manina. Qui serve una mano santa che ci fermi sull’orlo dell’abisso. Dove non ci ha spinto qualche tempesta cosmica. Ci siamo arrivati noi con le nostre gambe. Noi, che sarebbero poi loro, quelli che ci governano, e che in 24 ore sono riusciti nell’impresa titanica di smontare pezzo dopo pezzo tutti i puntelli che tenevano in piedi il Paese.
Caos sul decreto fiscale, Salvini e Di Maio su sponde opposte, il premier che illustra a Bruxelles i contenuti di una manovra di cui a Roma si confondono i contorni, lo spread che vola, la Borsa che cade, gli industriali che voltano le spalle, l’Europa che ci scrive una letteraccia rilevando deviazioni senza precedenti. E con un dubbio, quasi una certezza: che la spaccatura politica tra Lega e 5Stelle sul decreto fiscale e su uno stillicidio di altri temi, dal tunnel (incompiuto) del Brennero, alla Rc auto, per non parlare di Tav, Tap, Alitalia, in pratica su tutto; che questa spaccatura stavolta sarà difficile da ricomporre. Alla fine l’arte della politica e soprattutto l’istinto di sopravvivenza (con la prevedibile frenata serale) faranno il miracolo, ma la trama della maggioranza resta sfilacciata. Pronta a stracciarsi alla prossima occasione.
Intendiamoci, in questa situazione, è inutile cullare l’illusione di un cambio di mano, stile 2011. Abbiamo già dato. Per il momento, forse, è più opportuno porci verso il governo come nei confronti dei bambini meno fortunati: meglio una cattiva famiglia che nessuna famiglia. In attesa di uscire dal guado, restano una certezza e una impressione. La certezza. Il decreto fiscale è un condono, e come tale è uscito dal consiglio di ministri. Di Maio se n’è accorto quando il tam tam della Rete grillina ha suonato i tamburi di guerra e ha montato la commedia della manina. Per Salvini il testo è quello, e va bene; per Di Maio va cambiato. Per ora. L’impressione. Conte è parso in queste ore all’altezza della popolarità di cui gode, con il piglio necessario, e speriamo sufficiente. Domani, un accordo sulla “pace fiscale” potrebbe consegnarci un premier vero. Oggi è venerdì. E non vorremmo che ci confezionassero un altro venerdì nero.