Roma, 11 luglio 2017 - In Germania la nostalgia per la croce uncinata può essere tollerata dai giudici. Dipende dal come, dal quando, e da chi si rende colpevole. Ma la condanna da parte dell’opinione pubblica è decisa. Basta una parola di troppo e la tua carriera è finita. Il peso del passato a 72 anni dalla fine del III Reich è sempre troppo forte. La giornalista Eva Hofman nel 2007 osò lodare in tv la politica per le famiglie del partito nazista, e aggiunse che Hitler fu bravo a costruire le autostrade. Fu buttata fuori dallo studio in diretta dal moderatore, la casa editrice annullò il contratto per i suoi libri. Come per il più autorevole storico Ernst Nolte accusato di relativizzare le colpe di Hitler, denunciando i gulag venuti prima dei lager. La Corte Costituzionale, invece, continua a respingere la richiesta di vietare l’Npd, il partito dichiaratamente neonazista. Saranno nazisti, ma sono troppo pochi per essere pericolosi per la democrazia, hanno sentenziato i giudici. Il reato dipende dal numero? L’Npd non ha mai superato il 5 per cento, il minimo per entrare in Parlamento. Ce la farà, a meno di una sorpresa, l’AfD, l’Alternative für Deutschland. I populisti sono più numerosi, ma sono tutti nazisti? Avere paura dei troppi immigrati musulmani, o di perdere l’identità nazionale a causa della Ue, non sempre è prova di razzismo. Angela Merkel e i partiti democratici hanno saputo reagire togliendo spazio ai leader estremisti. Uno di loro, Björn Höcke, ha esagerato: «Il monumento all’Olocausto è una vergogna», ha dichiarato. Pensava di guadagnare voti, e li ha perduti. I nostalgici silenziosi temono il bando sociale. La condanna peggiore.
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