Forse è l’argomento più difficile. Ma è la chiave giusta per orientarci in questo periodo terribile e confuso. Sì, è l’argomento più esposto ai rischi facili della retorica. I “giovani”, categoria arrivata nel ‘68 alla ribalta politica e sociologica (e mediatica) viene spesso brandita in modo fazioso e generico. Si dice: i giovani vogliono questo, i giovani amano quest’altro, spesso senza leggere oltre a facili fenomeni di moda o di costume. Lo aveva già fatto capire Pasolini, in quegli anni, e con lui pochi altri come don Giussani fondatore del Movimento di cui Draghi era ospite ieri al Meeting: i luoghi comuni sui giovani sono spesso costruzioni del potere.
Draghi ha avuto il merito, in questo clima di sospensione e di paura generato dalla gestione e dalle narrazioni imperanti sulla pandemia, di portare il focus su di loro. Lo ha fatto proprio nei giorni in cui, da provvedimenti ondivaghi sulle discoteche a incertezze sulle scuole, la parte più giovane della nostra società subisce una specie di martellamento, che chiamerei di indecisione. Tale martellamento di indecisione è un atteggiamento che dura da un po’. Come ha sottolineato Draghi e come richiama un documento internazionale presentato al G20 da numerosi esponenti politici e culturali, sembra che la politica non si avveda del disastro che si sta compiendo sulla pelle dei nostri figli. Ma si tratta, appunto, di guardare bene. È vero che la chiusura di scuole, il facile accusare movide e discoteche, il distanziamento, la perdita di socialità specie di quella organizzata in cultura, sport, e anche esperienze religiose, stanno creando nei nostri giovani una serie infinita e decisiva di lacune e mancanze, a cui non devono né possono supplire svaghi internettiani, ma occorre guardare al fondo della questione. Altrimenti anche l’appello di Draghi si perde come vuota retorica. Questa valanga di messaggi di terrore, questa narrazione della vita come paura, la esaltazione della salute come unico supremo valore e la conseguente bizzarra, a volte folle, gestione dei problemi e delle norme, sta comunicando ai nostri giovani una vita basata sul timore e sulla indecisione invece che sulla speranza. Sul pararsi il fondoschiena invece che sul coraggio e sul perseguimento di valori più alti della salute. Un martellamento. Nessuno discute che sia meglio non ammalarsi e mantenersi in forma (da decenni non è forse il mantra un po’ astratto del “benessere” a dominarci?). Ma un adulto che ha da comunicare a un giovane come valore solo questo e nulla per cui spendere con coraggio la propria vita è spiritualmente e quindi politicamente sterile. La crisi della politica e della società, insegna Baudelaire, viene dall’avvilimento dei cuori.