Se fosse successo in un vicolo di Scampia, nel ventre oscuro e violento di Napoli, le possibili interpretazioni sociologiche sarebbero più tragicamente facili. Nello scenario quotidiano di guerra fra bande per il controllo dello spaccio, agguati anche in pieno giorno e vendette, il caso di un sedicenne che uccide un coetaneo in circostanze di cattive frequentazioni e amicizie pericolose può finire nella tragica contabilità a cui si è fatta l’abitudine. E invece è accaduto sulle placide colline a ovest di Bologna, a cavallo con la provincia di Modena, dove la terra è coltivata con la perfezione di un giardino, i vitigni sembrano disegnati da un ingegnere e i borghi spuntano contornati dalle macchie di bosco. Un minorenne va all’appuntamento con un coetaneo di prima mattina, gli spara uno, o forse due colpi di pistola con l’arma sottratta al padre e nasconde il cadavere in un pozzo in disuso.
Movente incerto e un non ancora chiarito appuntamento fra i due prima che la vittima prendesse la strada del primo giorno di scuola, senza mai arrivare, e l’omicida si avviasse verso una normale giornata di lavoro. Un regolamento di conti? Solo un litigio banale fra due ragazzi difficili? Un episodio del genere non nasce quasi mai in modo isolato. Una motivazione, per quanto assurda, esiste e si sviluppa in un contesto. Dietro, in questi casi, si nasconde quasi sempre una inquietudine che nessuno, genitori compresi, come sempre accade quando la vita sociale sembra scorrere serena, avvista prima che sia troppo tardi. Certo, le indagini non hanno chiarito ancora cosa abbia scatenato un delitto senza contorni da criminali professionisti, ma scandito anche da una ingenuità spietata dato che l’assassino ha nascosto il corpo nel vecchio pozzo vicino a casa e abbandonato la moto della vittima a qualche centinaio di metri sotto un improvvisato tappeto di foglie secche. Affiora in ogni caso un ambito di forte disagio giovanile, minorenni e non, che nessuno immaginava fra questi paesi fatti di case coloniche, il bar, quando c’è, e la piazzetta accanto alla chiesa. Dietro la tenda a volte nessuno, compresi i compagni di scuola, si accorge che c’è dell’altro, che ribolle un’atmosfera da cui può nascere il caso estremo. Come questo. La colpa non è mai direttamente di chi non ha visto, ma bisogna chiedersi il perché e quanto è difficile capire che a volte dietro lo sguardo sfuggente o silenzi troppo lunghi e profondi di un giovane di 16 anni si nasconde dell’altro. Il non capire è il malessere oscuro che a volte avvolge, senza che ne accorgiamo, noi genitori e la società nel suo indefinito complesso. I dettagli di questa brutta storia spiegheranno, prima o poi, la dinamica che ha sconvolto due famiglie perbene. Il resto, chissà mai se verrà fuori da chi sta intorno a questi giovani ammalati di insicurezza che nessuno ha saputo comprendere. È la normalità del male.