Comunque la si guardi, e al di là delle polemiche di giornata, la vicenda della sanatoria dei braccianti è una sconfitta dello Stato. Una resa. Le intenzioni della ministra Bellanova sono certamente apprezzabili e hanno il pregio di confrontarsi con la realtà delle cose, il problema è annoso e da anni nessuno ha saputo risolverlo. Destra, sinistra, centro.
Ma sentire i politici, molti dei quali con cariche istituzionali importanti, spiegare la necessità di una sanatoria "altrimenti si autorizza di fatto il caporalato", ricordare come questi ragazzi "vivono ammassati come topi in ghetti e in condizioni igieniche oltre il limite del sopportabile", rammentare che "lavorano in schiavitù", che sono "pagati pochi euro all’ora" (abbiamo solo spulciato alcune delle interviste a giornali nazionali rilasciate negli ultimi due giorni), ecco tutto questo lascia perplessi sulle capacità dello Stato di assicurare le condizioni minime di civiltà in una parte non trascurabile del Paese.
Perché queste cose invece di raccontarle a un giornalista, i politici non le hanno dette ai magistrati e alle forze dell’ordine? E perché nessuno è mai intervenuto? Perché c’è una parte d’Italia dove se nei luoghi di lavoro non ottemperi alle norme di sicurezza più cervellotiche e astruse ti ritrovi l’ispettorato il giorno dopo, e un altro dove si pratica la schiavitù - almeno a sentire i politici che lo raccontano - e nessuno fa niente? La risposta è una: tutti sanno tutto, lo Stato sa ma non è in grado di intervenire. Si è arreso.