Per cominciare, auguri a Doohan.
Sul venerdì giapponese dovrei dire le solite banalità, ricordando l’Alesi di una volta. Ergo, mi astengo.
Di sicuro McLaren pare ancora in netto vantaggio. Russell ha già detto a Melbourne che Norris e Piastri possono vincerle tutte (e George di solito ci prende, vedi 2023).
E questo spiega l’enorme frustrazione che si coglie tra i ferraristi intellettualmente onesti. Fin qui non è stato l’avvio di stagione che sognavamo, non è stata la partenza che ci era stata promessa. Punto.
Il resto lo vedremo.
Ma voglio parlare d’altro.
Cioè delle frasi che Lewis Hamilton ha pronunciato giovedì nel paddock di Suzuka.
A me sono piaciute.
Le riassumo alla buona. Non è vero che mi sono pentito di aver scelto la Rossa e non è vero che ho già perso fiducia nella squadra, lavoriamo insieme per trovare soluzioni.
Mi direte che sono parole di circostanza, intrise nei luoghi comuni. Invece non è così: questi sono i toni di un leader. Non dimentichiamo che nell’unica circostanza in cui ha potuto contare su una vettura decente, beh, Lewis ha vinto. Era una Sprint Race, ma l’ha vinta.
Le parole sono importanti (cit. e auguri al cineasta che ne fece uno slogan).
Dopo di che.
Dopo di che, è anche preoccupante che Hamilton avverta l’esigenza di esporsi così platealmente in pubblico. Dopo due gare. Due!
Significa che è il primo ad essere consapevole del disincanto cui accennavo sopra. Se ritieni opportuna (e io la condivido) una precisazione così forte, beh, è chiaro che avverti qualcosa, un rumore di fondo, un tintinnar di dubbi che…
Anche qui, staremo a vedere.