Mettiamola così.
Quella di ieri potrebbe essere stata, a suo modo, una giornata storica per la Formula Uno. Nel senso che Adrian Newey, il Leonardo Da Vinci dei progettisti di monoposto da Gran Premio, ha ufficialmente debuttato nel suo nuovo ruolo al vertice di Aston Martin. Lo sapete, voi frequentatori di questo ameno luogo: a dispetto di mostruosi investimenti, il brand che rimanda al mito di James Bond fin qui non ha toccato palla, sotto il tendone del Circo a quattro ruote. Zero vittorie e dubito sia tutta colpa del figlio di papà, all’anagrafe noto come Lance Stroll. Del resto pur un mostro sacro come Fernando Alonso è a sua volta a digiuno di successi dal remoto 2013, quando era un ferrarista.
E in questa romanzesca vicenda la Ferrari c’entra e non poco, come dimostra lo stop al passaggio di Cardile nello staff della Verdona.
Ora, segue promemoria perché magari transita qui qualche figlio di Netflix ignaro della storia. Classe 1958, nato nelle stesse terre di William Shakespeare, sin da giovane Newey ha preferito l’arte applicata alle auto da corsa. Il suo curriculum è clamoroso: 13 titoli mondiali piloti conquistati (4 con Williams nel 1992, 1993, 1996 e 1997, 2 con McLaren nel 1998 e 1999, 8 con la Red Bull dal 2010 al 2013 e dal 2021 al 2024), 12 titoli costruttori (5 con la Williams dal 1992 al 1994, nel 1996 e 1997, 1 con la McLaren nel 1998, 6 con la Red Bull dal 2010 al 2013 e nel 2022 e 2023) e oltre 200 gran premi vinti (54 con la Williams tra il 1990 ed il 1996, 41 con la McLaren tra il 1998 ed il 2005 e ben 116 con la Red Bull tra il 2009 al 2024). Le vetture da lui disegnate hanno raggiunto la pole position oltre 200 volte (64 con la Williams tra il 1990 ed il 1996, 39 con la McLaren tra il 1998 ed il 2005 e più di un centinaio con la Red Bull tra il 2009 ed il 2024). Fonte Wikipedia, io non c’entro.
Serve altro? Ah, sì: ovviamente è strapagato come una Star e chi ha investito sul suo genio mai si è pentito. Mica per niente prima Montezemolo e poi Marchionne provarono ad ingaggiarlo per la Rossa. L’ultimo tentativo l’ha fatto John Elkann, un anno fa. Niente da fare.
Non per questione di soldi, lo avrebbero coperto d’oro. E lui è pure un collezionista di Ferrari
d’epoca. Ma al Cavallino ha detto no: forse il coinvolgimento processuale nella tragedia di Senna ha avuto un ruolo, trattandosi di bruttissima memoria. Non lo so. Comunque, una volta narrarono che la moglie non voleva lasciare la Gran Bretagna, si disse perché temeva di non poter accudire (!) i suoi otto cani nel Bel Paese. E la scorsa primavera pare non gli sia piaciuto l’approccio di Fred Vasseur, restio a concedergli pieni poteri.
Può anche essere, aggiungo io, che a Maranello abbiano ragionato sul fatto che dal 2026 la F1 dovrebbe essere più motore e meno aerodinamica (ma questo è da vedere, eh).
Di sicuro, Aston avrà Newey e l’esclusiva della power unit Honda e magari pure Verstappen.
E Cardile. Che solo in apparenza c’entra come i cavoli a merenda, in questa trama romanzesca. Enrico Cardile, già. Toscano, classe 1975, allievo del mitico Roberto Fedeli in Ferrari per la produzione delle auto di serie, Cardile fu spostato da Marchionne sulla F1. Con buoni risultati, tanto da diventare direttore tecnico. Ma poi si è rotto il rapporto di fiducia con Vasseur e nel luglio scorso il progettista per chi ha firmato? Ma per Aston Martin: papà Stroll, il boss del team che il figlio Lance come compagno di Alonso, gli ha moltiplicato lo stipendio pur di farne il più stretto collaboratore del magico Newey.
Che ieri in fabbrica non l’ha trovato, Cardile. Perché la Ferrari, esercitando legittimamente la clausola di divieto di concorrenza, fino all’estate non è disposta a…liberare il transfuga.
Talvolta nemici non si nasce, ma si diventa.
Resta da capire chi avrà ragione e chi torto, nelle scelte fatte e non fatte. La Ferrari? La Aston Martin? Oppure, più prosaicamente, la McLaren?
Di questo, se ne riparla nel 2027.
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