A Maranello e dintorni è un po’ il segreto di Pulcinella.
La campagna acquisti di Mattia Binotto.
Comunque la pensiate sull’operato in Rosso del personaggio (la mia opinione in merito è nota: una carriera valorosa culminata in un incarico, team principal, troppo grande ed onerosa per le doti dell’individuo), è degno di nota il fatto che il gruppo Audi abbia pensato a lui per il debutto in F1.
Audi mica è la Caterham o come accidenti si chiamava.
Avendo speso per intero, fino all’alba del 2023, la sua esperienza professionale in Ferrari, è ovvio che Bin8 abbia invitato tecnici che conosce bene a seguirlo nella nuova avventura.
Alcuni hanno declinato l’offerta.
Altri accetteranno.
Sullo spessore del progetto Audi dietro le quinte se ne sentono raccontare tante. Non è in discussione la credibilità del brand, men che meno l’ambizione.
Ma, per dire, a suo tempo già Bmw si prese Sauber e rimase con un pugno di mosche.
Per parlare del flop spettacolare di Toyota.
A volte sento dire che se un marchio grosso ha l’abitudine a vincere nelle corse, beh, poi il suo DNA si dimostra irresistibile anche nei Gran Premi.
Beh, è anche delle tante balle che circolano. Nel senso che la F1 ha una sua tremenda specificità, come ben sa anche Mattia Binotto.
Puoi avere il nome, i soldi, persino i piloti: ma serve altro.
Molto altro.
Ps. Corsi e ricorsi. Inizio 2014. Dieci anni fa. In Ferrari, reparto corse, lavoravano Stefano Domenicali, James Allison, Andrea Stella, Mattia Binotto.
Eravamo quattro amici al bar. Solo che poi…