Premessa.
Di solito non commento mai le qualifiche di una Sprint. Penso lascino un po’ sempre il tempo che trovano e poi insomma ero giovane quando Alesi lo chiamavamo il Re del Venerdì e buona lì.
Aggiungo, per onestà intellettuale, che McLaren mi pare abbia un altro passo gara.
Però, c’è un però.
La F1, come la vita, è fatta di emozioni. Sicuramente a decidere per tutti è la tecnologia. Ma se l’automobilismo non fosse anche uno straordinario romanzo popolare io non sarei qui, non sarei Leo Turrini.
Dunque, la mini pole di Hamilton a Shanghai significa tanto, in termini persino socio culturali, va mo la’.
Punto, due punti e punto e virgola.
Questo risultato, in se’ certo non determinante, viene a confermare l’integrità di Lewis.
Il suo essere ancora e sempre un pilota.
Può essere un lampo nel buio, può essere l’eccezione che conferma la regola, può essere una allucinazione ottica.
Ma è una buonissima cosa, una piccola grande favola.
Del venerdì, certo.
Dubito che la sostanza possa cambiare e invito i propagandisti di regime a non svilire tutto con patetici “ve l’avevo detto”.
Meglio fermarsi al dato emozionale.
Nel giorno in cui Ayrton Senna avrebbe compiuto 65 anni, c’è Lewis Hamilton in pole con la Ferrari.
In fondo, ci basta sognare (al risveglio tutti sudati avremo modo di pensare, perché andrà così, of course).
Ma intanto…
You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will be as one