Datemi un Maalox.

Per ora in Australia la Ferrari si becca un boomerang in faccia.

Albon e Tsunoda davanti a Leclerc e Hamilton.
E Antonelli, sfortunato col fondo, fuori in Q1.
Doppio Maalox.
La McLaren da qualifica in fuga.
Verstappen c’è sempre.
Ma com’era quella frase di Schumi?
Ah, già: i punti si fanno di domenica.
Mah.
Dopo di che.
Sapete cosa hanno in comune un ragazzo e una ragazza nati nel 2008, oltre al desiderio di un grande futuro? Ecco qua: non hanno mai visto un pilota Ferrari vincere il mondiale. Non per colpa loro: non c’erano quando Kimi Raikkonen nel 2007 e bla bla bla…
Sarei tentato di scrivere che questa lunga, anzi infinita agonia del Cavallino è, in un certo senso, lo specchio dell’Italia post moderna, il Bel (?) Paese del vorrei ma non posso.
La faccio breve. In tutto questo tempo, a Maranello ci hanno provato tre presidenti: l’ultimo Montezemolo (anche lui, mai abbastanza rimpianto), il povero Marchionne e ancora John Elkann. Ci hanno provato cinque capi del reparto corse: Stefano Domenicali, Marco Mattiacci, Maurizio Arrivabene, Mattia Binotto, adesso tocca al francese Fred Vasseur. Ci hanno provato piloti come Alonso e come Vettel, con il contributo del carissimo Carletto Leclerc.
Bilancio: niente, non si è cavato un ragno dal buco. E siccome io che scrivo sono testimone di questa estenuante traversata nel deserto, beh, vi risparmio la consueta predica su chi ha sbagliato cosa, sulle presunzioni e sulle incompetenze, sulle leggerezze e sulle insipienze. Ditemi, voi che leggete: servirebbe a qualcosa? Credo di no, sinceramente.
E allora, come canta Vasco Rossi, e già, noi siamo ancora qua. Intendo noi ferraristi, malati di passione, prigionieri di un incanto che nemmeno le troppe sconfitte riescono a dissolvere.
Sopravviverò anche a questa quarta fila di Melbourne.

Cazzo, pure il boomerang che ti torna in faccia.
Sopravviverò?

Forse.