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Con Leclerc e Sainz a casa di GillesLeo Turrini - 4 giugno 2024

Le righe che seguono sono dedicate a Timetravel, in memoria del suo papà.
Tutte le volte che la F1 fa tappa a Montreal, io penso a Gilles.
Non perché su quel circuito Villeneuve conquistò, nel 1978, il suo primo successo in un Gp.
No.
Penso a Gilles perché ho respirato l’aria del Quebec, ho vagato per gli spazi immensi del Canada, tante e tante volte, sempre riafferrando il filo di una emozione remota ma non perduta, di una giovinezza rimpianta ma rimpianta appunto perché vissuta.
Ho scritto spesso che io Gilles l’ho soltanto sfiorato. Ero anche professionalmente troppo acerbo per conoscerne in presa diretta le imprese, le prodezze, le follie.
Giusto in due occasioni l’ho visto da vicino, nel 1981 e all’inizio del fatale 1982. Ero alle prime armi, mi avevano spedito a testimoniare il varo di nuove Ferrari.
Ce l’avevo lì ed ero come paralizzato: avevo di fronte Ettore. Senza essere Omero.
Ettore, non Achille.
Si capiva che Gilles non era un semidio. Era uno di noi, era la proiezione dei ragazzi fine anni Settanta. Forse furono tempi truci, eppure.
Eppure, c’era lui.
Villeneuve. Che ci aveva fatto innamorare venendo dal niente, o meglio da quello che per noi era il nulla. Uno sconosciuto al posto del leggendario Niki Lauda?!? Ma allora Ferrari è impazzito, rincoglionito, da fare interdire (meno male che a fine 1977 non c’erano i social, se no sarebbe stato un massacro).
Villeneuve! Mai parlato con lui, mai scambiata una parola. Non so che uomo fosse, nel tempo ho raccolto centinaia di testimonianze sul suo conto, dall’amatissimo Forghieri al suo meccanico, mio zio adottivo, Paolino Scaramelli. E dai loro racconti ho compreso perché noi ragazzi di allora non ci eravamo sbagliati, nell’ arrivare ad identificarci con un tizio che mica avrebbe vinto molto, per carità.
In fondo, nemmeno noi che facevamo le superiori nel 1977 abbiamo vinto tanto, nella vita.
E però.
Però c’eravamo. La sera dell’8 ottobre 1978 la Domenica Sportiva annunciò che Gilles aveva vinto a Montreal. La mattina dopo mi interrogavano a scuola. Letteratura greca.
Omero.
Ettore.
E l’1 luglio del 1979 andai in bicicletta con amici da Sassuolo a Piandelagotti, per smaltire la tensione da esame di maturità, che cominciava il 3. Venditti ancora non aveva scritto Notte prima degli esami, ma io e i miei coetanei la conoscevamo già.
E il pomeriggio, stanchi morti per la pedalata, stravaccati nella saletta tv del ristorante, a sussultare e a urlare per il duello con Arnoux, che poi valeva il secondo posto.
Lo vedi?
In fondo Gilles stava insegnando, a me e al papà di Timetravel e a una generazione intera, che vale la pena battersi sempre allo stremo per una causa giusta, anche quando sai che non arriverai primo, non vincerai.
È andata così e intuisco che non riuscirò a farmi capire, ma insomma.
Immagino Leclerc e Sainz sulla pista di Villeneuve.
Non è stato per caso.
“Forse la vita non è stata tutta persa” (Vasco)