È come il ricordo di un film in bianco e nero.
Dissolvenza.
Venti anni fa, o giù di lì.
Un tavolo in un ristorante. Io, Borsari, Bellentani, Corradini, Scaramelli. E Benassi Umberto del Montale, classe 1947.
Loro, mani d’oro. I meccanici storici di Enzo Ferrari. E della Ferrari. Testimoni e protagonisti di un universo che il destino mi ha permesso di raccontare.
E non c’è più nessuno, come nel verso di una canzone. Adesso se ne è andato anche il mio Benny, che mi prese sotto tutela insieme agli altri quando, giovanissimo, iniziai a frequentare i box.
Ci sono cose che non pretendo possano essere capite, anche perché io faccio fatica a spiegarle.
Essere un ragazzo ai Gran Premi. Con il timore di non conoscere, non comprendere, non sapere.
Però ci sono questi signori con le mani sporche d’olio, altra citazione, che parlano il tuo dialetto e ti vengono in soccorso.
Alle persone di quella tavolata io debbo parte della mia identità professionale. Una volta Benassi, che stava in Reparto Corse dall’alba degli Anni Settanta, mi fece arrossire. Mi disse: “Ma al set che in Ferrari te t’e’ al prem che ai andamm tot a lezer, dal Capo in zo’?” (Tradotto: ma tu lo sai che in Ferrari tu sei il primo che andiamo tutti a leggere, dal Capo in giù?”).
E fu come se mi avessero consegnato il premio Pulitzer!
Benny ha amato il Cavallino sentendosi parte di una famiglia. Lui come gli altri di quel giorno a tavola. Sapeva tutto ma nulla rivelava (vabbè, a me sì, ma non vale). Sul Vecchio e su Lauda, su Montezemolo e su Gilles, su Mansell e su Prost. Fino a Schumacher e alla ruota scomparsa di Irvine al Ring (fu lui a fingere di averla rubata, in una scherzosa ricostruzione).
Benny era orgogliosissimo di avere un figlio ingegnere che ovviamente lavora in Ferrari.
Una volta gli chiesi se davvero era lui il meccanico che, sorpreso dal Drake a fumare in fabbrica, ingoiò la sigaretta accesa pur di evitare una reprimenda del Capo.
Si mise a ridere e rispose: “Ma figurati, è una leggenda metropolitana, ma se Ferrari mi avesse chiesto di ingurgitare una torcia fiammeggiante io per lui lo avrei fatto”.
E lo avrebbe fatto sul serio, questo mio amico.
Ridatemi quel tavolo, ridatemi i miei amici, ridatemi un mondo che non c’è più.