Portava scarpe di vernice verdi e gialle. Ballava il tango. Meglio di Felipe Maldonado, senza dubbio. Ma era anche un bandito: rapinava gioiellerie. Colpo dopo colpo, nessun testimone aveva mai visto il suo volto, coperto dal passamontagna, ma quel che mostrava ai piedi, quello sì, tutti lo ricordavano bene: scarpe verdi e gialle, di vernice. Un regalo di Miranda, l’argentina.

La polizia di Marsiglia faticava ad afferrare il concetto: come poteva un malvivente, sperimentato e smaliziato quanto lui, lasciare dietro di sé sempre lo stesso indizio e la speranza di farla franca? Scarpe di vernice verdi e gialle, impossibili da non notare. Ma Jean-Louis Doinel se ne fregava: o quelle scarpe o niente. Altro non poteva portare. Danzando. O rapinando.

Sfidare la sorte era il suo maggior diletto. Per questo colpiva sempre e solo in centro. Niente periferia, viali larghi, auto veloci. Meglio i vicoli stretti, da percorrere a piedi, con un paio di buone scarpe, le solite. Lo sapevano bene gli orefici di Rue de l’Etoile, Rue du Relais, rue des Fabres e anche quelli di Place Victor Gelu. Li aveva svaligiati più volte, a turno. La dinamica non cambiava: prima svuotava la cassaforte, poi girava i tacchi e, nell’uscire, afferrava un gioiello a caso dalla vetrina. “E’ per Miranda”, diceva.

Tra un colpo e l’altro, andava da lei. “Tieni, l’ho preso per te”, diceva. Lei sorrideva, lo baciava e gli concedeva un giro di tango. Le scarpe adatte, lui, le aveva già ai piedi. Alla fine, ogni volta Jean-Louis Doinel le chiedeva: “Ballo meglio di Felipe Maldonado?”. “Senza dubbio”, rispondeva Miranda.

E danzando e rapinando la vita continuava: Jean-Louis sfidava la sorte, Miranda l’amava, la polizia l’odiava, lui e le sue scarpe verdi e gialle. Finché Doinel non fece un errore: scelse un obiettivo nuovo, una gioielleria aperta da poco, e non in un vicolo ma in Place du Général de Gaulle. Gli agenti sapevano che non avrebbe resistito. E l’aspettarono al varco. Jean-Louis Doinel entrò, svuotò la cassaforte e, nell’uscire, afferrò una collana dalla vetrina. Ma non fece in tempo a dire “E’ per Miranda” perché nel girarsi li vide: erano tanti, schierati sul lato opposto della piazza, pronti a scattare. Fu un lungo inseguimento. Doinel prese per Rue de Reine Elisabeth. Quelli dietro. Svoltò in Rue de la République. Quelli non mollavano. Poi Rue Moisson, place Chirat, rue de la Charité, su, su, fino in cima al Panier. Quelli erano allenati, sempre alle costole. E sparavano come matti. Jean-Louis Doinel decise di scendere al vecchio porto. Non s’accorse d’essere ferito, ma riuscì a seminarli. Arrivò fino in Place de l’Opéra. E qui si fermò. C’era una festa di tango. C’era Miranda. E c’era anche Felipe Maldonado. Doinel non seppe resistere.

Ballò con Miranda fino a sfinirsi. Perfino Maldonado dovette ammettere che era bravo. Molto più bravo di lui. Ma non poteva durare. La ferita era profonda. Jean-Louis crollò a terra. Quando i poliziotti arrivarono non c’era più niente da fare. Lo riconobbero subito, nonostante tutta quella folla. Non potevano sbagliare: portava scarpe di vernice verdi e gialle.