La legge è uguale per tutti quando la bella avvocatessa entra in aula: non ce n’è uno che non si volti a guardarla, tra imputati, magistrati, cancellieri, esponenti delle forze dell’ordine e ogni altra forma di vita (maschile).

Il perché è sotto gli occhi di ognuno: lei ha labbra carnose, nasino delizioso, la cubatura di due codici di procedura penale sul davanti, un paio di volumi di diritto civile sul retro. Ed è proprio da queste ultime parti, complici i pantaloni a vita ultrabassa, che usualmente spunta ciò che non necessita di una perizia tecnica per essere riconosciuto: un perizoma, sottile e candido come un innocente assolto. Dev’essere per questo, in omaggio alle sue qualità professionali e umane, che la bella avvocatessa è da qualcuno soprannominata Peri Mason.

Dice chi la conosce bene che è un bravo legale. Aggiunge lo stesso testimone (oculare) che è sempre vestita così. E’ agli atti che, anche l’altro giorno, Peri Mason si è presentata in udienza con la descritta mise (in Procura, Tribunale, Corte d’Assise o dal Giudice di pace, indovinatelo voi, noi non lo possiamo dire). Esibiva una camicetta sicuramente più stretta della maglie della giustizia, occhi e capelli più scuri di un fattaccio di cronaca nera, stivaletti dello stesso colore con tacco 41 bis (pardon, 14). E naturalmente, in bella vista, lui, il perizoma.

Peri Mason, in attesa del suo turno, si alzava e risedeva continuamente, andava e veniva dalla postazione-avvocati e con tutto quel movimento il perizoma galeotto faceva sempre più capolino. Risatine e battutine soffocate tutt’intorno. Qualcuno, forzando la mano al vocabolario e al codice, si inventava nel rimirarla un nuovo reato: istigazione a sdilinquere. Qualcun altro insorgeva reclamando la non punibilità della condotta di Peri Mason proprio «perché il fatto non sussiste» (cioè la normale mutanda). E lei? Lei niente: incurante di frizzi e lazzi, continuava a leggere diligentemente le sue carte processuali.  Finché non le è scivolato un fascicolo a terra. E lei si è chinata a raccoglierlo. Silenzio in aula.

(Tratto da: “I bolognesi sono fatti così”, di Gianluigi Schiavon, Pendragon Editore)