Il segno del coraggio è lungo dieci centimetri e profondo fino all’osso. Parte dall’occhio sinistro e attraversa la faccia per arrivare alla narice: il lungo e fulmineo viaggio di una coltellata. La faccia è quella di Michele Dal Forno, 21 anni, rider per necessità, altruista per istinto. Non piaceva a un sedicenne albanese, quella faccia, assieme a tutto il resto. Il segno della crudeltà è inciso nell’anima sfregiata del sedicenne col coltello. E si vede solo quando è troppo tardi. Si sono messi in due, lui e un suo compare, a terrorizzare una ragazza di 17 anni in mezzo a una strada di Verona. Era la strada del rider Michele, chiamatelo segno del destino. Ha visto quei due, e lo sguardo perduto della ragazza. Lui consegna pizze per sbarcare il lunario, il contratto non prevede la difesa di ragazze indifese. La sua coscienza sì. Si è fermato, ha chiesto cosa stesse succedendo, se lei stesse bene, la risposta è stata un sibilo dall’alto verso il basso. Parole contro un coltello, niente a che vedere con un duello alla pari. Il segno del coraggio è stato ricucito con trenta punti all’esterno e troppi punti di sutura interni. Michele non è stato lì a tenere il conto, era impegnato a sopportare il male. Quella faccia spezzata in due si vede anche da lontano. Ci vorrebbero una plastica e tanti soldi. Il titolare della pizzeria di Michele ha lanciato una raccolta fondi: sono arrivati oltre 70mila euro in pochi giorni. È un altro segno. Di solidarietà, chiamiamo le cose con il loro nome. Il sedicenne con il coltello ora ha il divieto del questore di avvicinarsi a qualunque locale pubblico del Veronese per un anno, e per tre a qualunque stadio. Nel frattempo è in custodia cautelare in attesa di giudizio. Non sarà un processo facile, l’accusa è di lesioni gravissime permanenti. Gli lascerà un’altra cicatrice incisa sull’anima. Il segno del coraggio. Di un altro.
Gianluigi Schiavon
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