Il marziano Iuc è sbarcato in Italia

Il marziano X590316SCH1900YJKWX, da tutti – per comodità – semplicemente soprannominato Iuc, sbarcò sulla Terra in una piovosa mattinata del gennaio 2014. Più precisamente, atterrò in forma ancora eterea nel Paese che sul Grande Registro Astrale veniva denominato Italia. Il senso della missione gli appariva chiaro come il Sole: verificare in loco la possibilità di […]

Il marziano X590316SCH1900YJKWX, da tutti – per comodità – semplicemente soprannominato Iuc, sbarcò sulla Terra in una piovosa mattinata del gennaio 2014. Più precisamente, atterrò in forma ancora eterea nel Paese che sul Grande Registro Astrale veniva denominato Italia. Il senso della missione gli appariva chiaro come il Sole: verificare in loco la possibilità di invadere il pianeta senza eccessive perdite di marziani, mezzi e tempo. Aveva scelto l’Italia per le prime verifiche poiché l’Enorme Biblioteca Universale, invero non sempre aggiornata, classificava quel Paese come “particolarmente accogliente”.

Nel girare le spalle all’astronave posizionata lungo un solido declivio boschivo, il marziano Iuc rimase decisamente impressionato sentendo un fragore tanto sinistro quanto improvviso che gli rintronò le antenne. E lo stupore aumentò nel constatare che, sotto la pioggia battente, una frana aveva ridotto in rottami il suo veicolo astrale, giusto un momento dopo che dalla forma eterea aveva assunto una consistenza materiale più adatta all’ambientazione terrestre. “Così è inservibile, dovrò farmene mandare un’altra”, pensò rabbuiato il marziano Iuc. “Però non mi pareva un temporale tanto disastroso”, aggiunse fra sé e sé, non conoscendo l’attuale fragilità del Paese denominato Italia.

Il primo obiettivo della missione era esaminare il tipo di sistema politico adottato dai terrestri in quella zona del globo. Dovette pertanto recarsi in un luogo denominato Roma. Ma non disponendo più di un’astronave fu costretto a rimediare con un mezzo di trasporto da queste parti chiamato treno. I suoi studi presso la Gigantesca Università di Marte gli rimandavano alla mente certe espressioni peculiari degli italiani tipo veloce come un treno. Non poté dunque, il marziano Iuc, sfuggire a un secondo moto di meraviglia nel constatare che partendo dalla località Rieti – secondo i suoi calcoli non troppo distante dalla meta – era riuscito a raggiungere la stazione d’arrivo solo dopo 12 ore, 57 minuti e 59 secondi. “Embé? Ce stava lo scioppéroo!!”, gli spiegò un tizio dotato di cappello da soldato (o da ferroviere) con la tipica parlata dei terrestri de’ Roma. Il marziano Iuc si appuntò la scoperta: “Scioppéroo, fenomeno naturale in grado di rallentare i treni”.

Ma altre scoperte aspettavano il marziano Iuc. Tutte “politicamente scorrette”, ebbe più volte in seguito l’occasione di commentare, trovando inconsapevolmente un significato forse più corretto per un’espressione che all’origine ne possedeva un altro. Si recò dunque in un posto chiamato Parlamento e si immaginò, sulle prime, di trovarsi in un luogo dedicato al parlare. Dovette ricredersi subito: era in corso quella che chiamavano una seduta notturna a oltranza e con ostruzionismo. Non afferrò una parola delle tante che tutta quella gente, denominata “classe politica”, andava scambiandosi, anche perché tutti urlavano e non si capiva un accidente. Una cosa poté comunque annotarsi sul suo taccuino astrale: in Parlamento una maggioranza dei presenti procedeva nel legiferare a forza di colpi di mano, mentre la minoranza passava direttamente agli sganassoni. Altri dettagli lasciarono interdetto il marziano Iuc: uno dei nuovi leader politici faceva, per sua stessa ammissione, il comico, ma se i suoi avversari lo chiamavano “buffone” lui s’offendeva. “Incomprensibile: verificare al ritorno”, annotò. Poi sentì un tizio annunciare che “era ora di rinnovare la classe politica e far largo ai giovani”. “Grazie, senatore a vita”, gli rispose un altro, seriamente. “Enigmatico”, scrisse in fretta il marziano Iuc. “Porco boia”, disse a questo punto con spontaneità un terzo parlamentare a proposito di chissà che cosa. Il marziano Iuc non ebbe il tempo di prendere altri appunti perché dovette fuggire spaventato quando si levò alto un urlo: “Vilipendio!!!”. E tutto finì in “caciara” (“Metodo collaudato di dibattito”, tratto dal bloc-notes dell’extraterrestre).

Fu nell’allontanarsi che il marziano scoprì anche che il suo soprannome, nel Paese denominato Italia, stava a indicare una tassa abortita ancor prima di nascere. All’esterno del Palazzo, infatti, una folla urlava inferocita, parlando una lingua mai sentita: “Tares, Trise, Imu e anche mini-Imu: ora basta! Fan-Iuc!!”. Il marziano meditò se cambiare soprannome, poi mandò a memoria quelle nuove parole. E scappò.

Aveva deciso di andarsi a fare un giro. Ma di prendere un altro treno proprio non si fidava: non aveva tutto quel tempo. Perciò ricorse a una vecchia abitudine a lungo trascurata, operazione ormai ‘vintage’ su Marte al pari di molti altri pianeti: il teletrasporto. Si fermò a metà del marciapiede, si concentrò, nessuno – come del resto era accaduto finora – si accorse della sua esistenza, nessuno pertanto tentò di fermarlo e, opplà, eccolo in cima a una scogliera, su un’isola che aveva per nome un fiore, a fissare in basso lo spettacolo più indecoroso e inaspettato dell’intera galassia: il relitto titanico di una nave colossale adagiata sugli scogli come una signora grassa e centenaria incapace di rialzarsi, paralizzata nell’interminabile attesa di una badante inetta e impaurita. Il marziano Iuc si informò: il transatlantico era lì da due anni, in balìa delle onde e dello scherno mondiale, i terrestri chiamati italiani non erano ancora riusciti a liberarlo. Il marziano socchiuse gli occhi, perché anche a lui quella vista faceva male, si concentrò ancora e volle spostarsi. Opplà, dischiuse le palpebre ed era in vetta a un altro dirupo, in fondo poteva scorgere una scena uguale e diversa a quella appena vista: un treno, in bilico su binari, a strapiombo sul mare. Il convoglio stava lì, come un animale impietrito dal terrore di precipitare. Il marziano Iuc chiese in giro: quel treno deragliato era lì da due settimane che, moltiplicate per l’incapacità di quel popolo già dimostrata nell’altra, squilibrata situazione, sarebbero potute diventare facilmente uno, due anni o forse anche più. Quel treno aveva rallentato per sempre. “Scioppéroo?”, chiese sperando in una risposta accettabile. “No”, scosse la testa un ignoto testimone e non volle aggiungere altro al proprio sconforto.

Il marziano Iuc decise a quel punto che ne aveva abbastanza. Si mise in contatto telepatico con la Base. “Torno”, disse. “Di già?”, gli venne chiesto. “Sì”.

Si fece mandare una nuova astronave, ebbe lo scrupolo di raccomandarsi che i suoi colleghi badassero bene a non atterrare, con le frane – da queste parti – non si poteva mai dire. Lui sarebbe salito al volo, meglio non rischiare di rimanere bloccati anche loro tutti lì, su una scogliera.

Dopo qualche giorno il marziano Iuc consegnò il suo rapporto. Il Grande Leader Massimo di Marte e di tutti gli Spazi lesse con attenzione. Poi alzò lo sguardo interrogativo su Iuc. Lui scosse la testa: “Non si può fare”. Il Grande Leader rituffò il naso a vite tra le carte. Rilesse: “….Incursioni fortemente sconsigliate. Troppo pericoloso. In quel Paese sono tutti matti. Figuriamoci negli altri…”.

Fu così che l’Italia non preservò l’Italia da se stessa. Ma salvò la Terra dall’invasione dei marziani. 

                                                                                                                                                  Gianluigi Schiavon

 

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