Avviso ai delinquenti: se avete l’abitudine di allungare le mani su borsette o altri effetti ancor più personali di fanciulle indifese, vuol dire che non sapete chi è la Dody.

Vi informiamo. Sguardo remissivo, la delicatezza dei 20 anni sul viso curato, la levità dei gesti nelle manine affusolate, la Dody abita a Bologna, quartiere Mazzini, ed è piccola, ma piccola così. L’altra sera si sta facendo gli affari suoi in un bar dalle parti della via Emilia, in compagnia di amici: sono lì con lei il Grosso, un metro e 80 di muscoli e tatuaggi, il Peso, 110 chili dedicati al mestiere di sabbiatore e il Vale, motociclista uguale a un certo campione, ghigna tagliente come una curva a U.

Ma c’è anche un altro tipo, mai visto prima, subito ribattezzato lo Scuro: cicatrice su una guancia, occhi sfuggenti quanto le mani in perenne movimento. Si siede vicino alla Dody. Lei ogni tanto ha un sobbalzo, ma non dice niente, poiché la timidezza è un segno di eleganza, prima che un’insicurezza. Sia come sia, dopo un altro paio di trasalimenti della Dody, lo sconosciuto leva le tende.

È a quel punto che il Peso urla: «Dody, ma non era tuo quel cellulare vicino alla borsetta?». Lei non fa in tempo a rispondere «sì», perché si è già lanciata all’inseguimento, rincorsa dal Grosso, dal Peso e anche dal Vale, pronti a difenderla. «Bastardo», sussurra la Dody, anche se pare strano sentire quella parola uscire dalle sue labbra garbate. «Prima ha messo le mani sul mio culo, poi sul telefonino», aggiunge sempre la Dody, e il suo vocabolario già non desta più stupori. Non quanto il resto della storia, almeno: la Dody raggiunge lo Scuro, gli infila le mani in tasca, recupera il cellulare e, pam!, gli tira un destro in faccia, poi pam-pam!, due sinistri e, infine, altro destro, ripam!

Il Grosso, lì vicino, continua a ripetere: «Non toccare quella donna, non ci provare, guarda che slego, ora slego veramente, ecco che slego». Ma non riesce a inserirsi nel match. Il Peso neanche ci prova, resta a distanza mormorando solo, estasiato: «Ricorda tanto Tyson». E il Vale, intanto, che fa? Sta ancora infilandosi il giubbotto da motociclista dentro al bar quando la Dody rientra.

Lo Scuro è scappato a cercarsi una faccia nuova, la Dody ha quella di sempre: sguardo remissivo, sorriso amabile mentre si massaggia le manine affusolate. «Sono campionessa di karate», mormora dolcemente.

Signori delinquenti, non dite che non vi abbiamo avvisati.

(Tratto da “Quella faccia l’ho già vista”, di Gianluigi Schiavon, Giraldi Editore)