Stavros sta per sposarsi

  Stavros il greco fissava il mare e i suoi 71 anni riflessi nelle onde che, sospinte dalla risacca, tentavano di staccarsi dalla costa troppo ospitale di Santorini per far ritorno a Nea Kameni, l’isola del vulcano. D’altra parte, lì tutto era iniziato, lì tutto sarebbe finito, compreso il suo frammento di destino personale, nel […]

 

Stavros il greco fissava il mare e i suoi 71 anni riflessi nelle onde che, sospinte dalla risacca, tentavano di staccarsi dalla costa troppo ospitale di Santorini per far ritorno a Nea Kameni, l’isola del vulcano. D’altra parte, lì tutto era iniziato, lì tutto sarebbe finito, compreso il suo frammento di destino personale, nel perpetuo movimento dell’universale disgregarsi, agli dei piacendo.

Stavros fissava, forse con rancore, i neri contorni dell’isola lavica, quasi una cisti di fuoco vicino al cuore del Mar Egeo. Anche lui, in fondo, era tornato lì. Non era stata solo questione di sentimenti. E non poteva essere motivo di stupore. Era o non era quello il suo unico e vero mestiere? Stavros il greco portava in barca i turisti a Nea Kameni. Un traghettatore di anime in vacanza, ripeteva spesso a se stesso. E ci rideva sopra. Ma quel giorno non era di buonumore.

Li aveva sentiti bene i ragazzini su a Thira, nella piazzetta del paese principale di Santorini. Ripetevano, urlando all’unisono: “Stavros sta per sposarsi, Stavros sta per sposarsi!”. E non era rispetto quello che avvertiva nell’intonazione delle loro voci. Anche le onde, ora, orfane della madre chiamata vulcano, nell’accavallarsi una sull’altra parevano borbottare la stessa litania: Stavros sta per sposarsi…Stavros…

Eppure era vero, sì. Stava per prendere quella decisione. Agli dei piacendo. Ma, proprio per questo, non era per nulla il caso di sbandierare la cosa in giro come una nave battente insegne cipriote! Il fatto che lui, Stavros il greco disincantato, avesse in passato cantati le lodi del vivere solitario, maledetto nozze e ogni altro tipo d’unioni e anzi, rincarando la dose, avesse trovato una sola definizione possibile per la donna, piacesse o meno agli dei, vale a dire la dizione di “octopus”, a indicare universalmente una iattura dalla presa facile, tutto questo non significava più niente ora. Di più: era un fatto personale, che agli abitanti di Thira non doveva affatto interessare. Insomma, erano affari suoi. E poi non era neanche la prima volta! Punto e basta.

Nel tormento dell’indecisione Stavros era prossimo all’eruzione. Se lo sentiva. E se i geologi prevedevano almeno altri 25 anni prima del prossimo, possibile, disastro a Nea Kameni, lui – ne era ragionevolmente certo – avrebbe preceduto tutti. In verità Stavros era già stato sposato, sì, ma la faccenda apparteneva a un’altra era geologica. Una storia lontana: il dolore si era sedimentato sotto strati di risentimento che solo l’esplosione di nuovo amore avrebbe potuto, se non cancellare, almeno nascondere, così come il mare occulta da secoli la Santorini che non c’è più.

Era andata così: quelle prime nozze furono un’idea di Iphigenia, da Patrasso. Fu colpa sua: si presentò sulla spiaggia avvolta in un pareo che soffriva di solitudine intorno a un corpo da null’altro protetto. Pareva una dea. Disse: “Mi porta a Nea Kameni?”. Lui rispose: “Per tutta la vita”. Lei lo prese in parola. Fu così che si sposarono. Stavros era sicuro che con lei avrebbe finalmente preso il largo: mai più traghettamenti Santorini-isola del vulcano, a farsi fottere i turisti – Ifighenia a parte – , cominciava una nuova vita, la navigazione sarebbe stata lunga, miglia e miglia oltre l’orizzonte.

Naufragò prima che potesse accorgersene. La falla era evidente a tutti, tranne che a lui. Stravros il marinaio, una volta raggiunta la terraferma, annegò. Successe tutto ad Atene, dove Ifighenia lo aveva portato. “Meglio, molto meglio che a Patrasso”, gli aveva detto. “Perfino meglio di Santorini?”, aveva azzardato lui. “Non ne parliamo nemmeno”, era stata l’unica risposta della dea.

Di molte cose non parlarono mai. Nemmeno della crisi che stava strangolando Atene, né del default, termine la cui etimologia mai gli antichi greci avrebbero autorizzato, o di Europa, vocabolo ai tempi dei tempi molto più importante di ora, poiché era il nome di una principessa, figlia del re di Tiro, la donna – non l’unica – che fece perdere la testa perfino a Zeus. Di tutto questo non parlarono mai. E nemmeno del loro amore che stava perdendo la rotta. Finché non fu troppo tardi: Ifighenia fuggì con un poliziotto. Lo stesso che in piazza Omonia, Atene centro, stese con una manganellata ben assestata Stavros il marinaio di terraferma, che protestava contro la crisi, il default e anche contro quella puttana dell’Europa.

Stavros tornò dunque a Santorini, un po’ per scelta, un po’ perché, vien da dire, che altro poteva fare? Riprese l’antico mestiere di traghettatore di anime di turisti. Da Santorini a Nea Kameni. E ritorno, agli dei piacendo. E ai passeggeri imbarcati, mai riusciva, ogni volta, a trattenersi dal raccontare che ottantamila anni fa il vulcano si fece sentire, eccome, poiché l’eruzione fu terribile, la cenere ricoprì le terre da Chios all’Italia, fino al Nord d’Africa e quasi sino a Cipro, dove ancora non batteva alcuna bandiera. E l’eruzione diede origine a un’isola chiamata “Stronghyli”, la “Tonda”. Ma tale rotondità, geologicamente parlando, non durò a lungo, perché nel 1450 a.C. il vulcano ci ripensò. Ed eruttando lava e rancore fece sprofondare il cuore di Stronghyli. Lasciandone per beffa, superstiti, ma a metà, i contorni circolari, quelli che oggi chiamiamo isola di Santorini.

“Really?”, chiese un giorno a Stavros, intento a manovrare la barca oltre le secche, una turista finlandese stretta in un pareo che non soffriva di solitudine, ma quasi, intorno alle curve nordiche e bionde. Disse di chiamarsi Annika. Stavros dimenticò in un lampo le sue ultime convinzioni sulla pericolosità dei matrimoni e ogni altro tipo d’unione, la bontà del vivere solitario e anche la definizione di “octopus” applicata alle donne dell’universo e, in particolare, a una di nome Ifighenia.

“Really!”, rispose e sentì, chiaro come un rombo di vulcano, che la sua vita stava per riprendere il largo.

A tutto questo ripensava ora Stavros il greco, mentre fissava il mare e rifletteva sui suoi 71 anni. “In fondo, non sono così tanti”, ragionò. C’era dunque tempo per un nuovo matrimonio E finalmente sorrise: la decisione era presa. Non restava che aspettare l’arrivo di Annika, da Helsinki. Lei l’aveva promesso: non sarebbero mai andati via da Santorini, sarebbe rimasta sempre lì con lui. Agli dei piacendo.

Tese l’orecchio. I ragazzini su a Thira, nella piazzetta, continuavano a urlare la loro litania. Ma ora non tormentavano più i suoi nervi malconci: era tornato di buonumore. E muovendo la mano nell’aria, facendola ondeggiare ora a destra ora a sinistra, Stavros prese così a seguire la cantilena di quei monelli come un direttore d’orchestra pazzo ma felice, deciso a godersi, nel cuore infuocato dell’Egeo, il concerto dedicato a se stesso: “Stavros sta per sposarsi, Stavros sta per sposarsi, Stavros sta per sposarsiiii….Un’altra voltaaaaa!!”.

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