Il mio amico Nick sgrana gli occhi: “that’s not true” dice dopo il triplice fischio che a Roma ha chiuso la finale di Coppa Italia. Lui, proveniente da Londra, fatica a credere allo spettacolo al quale ha assistito oggi. Scontri nel pomeriggio per le vie della Capitale con feriti gravi che non sono diventati morti per caso, e speriamo non lo diventino. Poi una partita iniziata in ritardo dopo imbarazzo, indecisione e valutazioni degli organi di pubblica sicurezza. “Why they don’t start?” “Beh, sai Nick, forse c’è un tifoso morto”. “E cosa pensano di fare, liberare le tifoserie senza fargli vedere la partita così finiscono di scannarsi?” Mi ha risposto. Poi l’autorizzazione della tifoseria partenopea alla disputa dell’incontro (!!!!), o almeno così ci hanno raccontato i commentatori della Rai (stendiamo un pietoso velo) e, dulcis in fundo, l’invasione di campo. Io a spiegare a Nick che forse in Italia passerà la legge sul rinnovamento degli stadi, che riusciremo ad avvicinarci alla loro qualità con strutture per le famiglie senza barriere. Ci vuole prima un cambio di mentalità, mi dice, proprio come avvenne nel Regno Unito, perché dallo spettacolo odierno abbiamo imparato che è giusto togliere le barriere, però per erigere delle gabbie. Almeno per certe tifoserie, impunite e recidive.