Un oro olimpico non vale se non sei famoso sui social. La storia della tedesca Yemisi Ogunleye, che alle Olimpiadi di Parigi ha vinto la gara del getto del peso, è sicuramente uno specchio dei tempi in cui viviamo. Senza scomodare discorsi troppo complessi per i mezzi del vostro umile blogger, sulla cultura dell’apparenza che vince su quella della sostanza, è comunque incredibile che la vincitrice di una medaglia così importante si trovi a dover denunciare l’assenza di sponsor. Non è la prima volta che una sportiva di una disciplina faticosa come tutte le altre, ma meno esposta mediaticamente, racconta di dover fare i conti con le luci spente dei riflettori quando il grande evento è finito. In Italia, per sopperire alle falle del sistema, ci siamo inventati i gruppi sportivi militari, per permettere la sopravvivenza di campioni di sport in cui il professionismo non esiste. Ma ad ogni edizione dei Giochi, al massimo entro un anno dalla medaglia vinta, c’è qualche azzurro che urla ‘si sono dimenticati di noi’.
Gli sponsor ovviamente possono fare la differenza, in termini puramente economici. Ma ora scopriamo che se non sei ‘social’, anche se sei un campione rischi di non esistere: la campionessa tedesca lo ha raccontato al ‘Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung‘, raccontando di essere stata respinta da un’azienda alla cui aveva chiesto supporto. “Purtroppo, la collaborazione non si è concretizzata perché la mia divulgazione sui social non era ancora abbastanza buona”, ha raccontato Ogunleye. Aggiungendo che gli eventi post-Parigi riguardavano principalmente “generare divulgazione, è un peccato che la nostra società si stia sviluppando in quella direzione”. La Ogunleye, 26 anni, ha ‘solo’ 61.000 follower su Instagram. Avrebbe dovuto postare foto invece che passare ore e ore in pedana.
Si sarebbe anche stancata di meno.
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