A me rimane soprattutto un rimpianto, pensando a Daniele Bagnoli che ci ha appena lasciati a 71 anni, comunque troppo pochi.

Quello di essere riuscito ad avere accesso al mondo che nascondeva dietro la maschera solo in rari momenti di grazia.

Daniele era stato ribattezzato Buster Keaton da un collega più bravo di me, e in effetti il suo volto ricordava molto quello impassibile dell’attore americano, compreso un velo di tristezza in fondo agli occhi. Dovuto, credo, alla consapevolezza di qualche errore di troppo fatto in gioventù per l’incoscienza di chi voleva solo vivere al massimo, che fosse un amore o una moto da cross non fa differenza. Scelte che nessuno di noi ha il diritto di giudicare, ma vi assicuro che quelle esperienze erano una parte del suo segreto, gli permettevano di entrare in sintonia con i suoi atleti sul piano umano in un modo molto più profondo di quanto potesse apparire all’esterno.

Sul Bagnoli allenatore non è che ci sia molto da aggiungere né da discutere: dal 1993 ad oggi è stato semplicemente il più bravo, lo dicono i numeri. Ha raggiunto un totem come il professor Anderlini, ma ovviamente gli scudetti del mantovano pesano di più perché sono stati ottenuti in tempi e campionati molto più combattuti. Otto triangolini tricolori, il resto del bottino incredibile lo trovate qui nella notizia data in anticipo da Alessandro Trebbi.

Con Bagnoli siamo diventati grandi, nel senso che la sua ascesa a Modena è coincisa con il momento di crescita professionale e anagrafica del sottoscritto e di diversi colleghi. E ovviamente le vittorie sono state importanti, personalmente quella a cui sono più legato è  la primissima Coppa Italia a Perugia, Modena era la sfavorita della final four, ma aveva eliminato la Sisley nei quarti con una garadue pazzesca, con Mescoli in regia al posto di Mauricio infortunato e Franco Bertoli al canto del cigno della sua carriera. Quella Daytona, la prima di Giovanni Vandelli e di Claudio Giovanardi (al quale, è giusto dirlo, vanno attribuite molte intuizioni tecniche di quella ripartenza fantastica per il volley modenese, ovviamente su consigli di Bagnoli), quella Daytona aveva una fame e una voglia di affermarsi nei singoli che diventavano un valore aggiunto per tutta la squadra, da Cuminetti a Olikhver, da Mauricio a Martinelli, da Cantagalli riportato finalmente a casa a Damiano Pippi che giocava ancora martello.

E’ normale che tornino in mente alcuni flashback, adesso. Daniele che sorride (ridere no, mai in pubblico) alla prima partita di quel campionato ’93-94 a Reggio Emilia, guardando la rete dove il destino aveva messo di fronte per un cambio in prima linea Luca Cantagalli e suo fratello Stefano che giocava nella Giglio, due sosia con la rete in mezzo e anche loro un po’ ne ridevano.

Daniele che soffre su una sedia a rotelle, come oggi che ci ha lasciati, nell’anno in cui un incidente stradale lo toglie dalla palestra e lo scudetto, il secondo sotto la Ghirlandina, sembra sfuggire sul più bello, e invece lui fa in tempo a prenderselo in extremis.

Daniele che mi chiede un incontro in un bar di fronte alla sede della Maserati dopo una partita persa tra mille tensioni e le giuste critiche che avevamo riversato sulla squadra. Non si lamentava mai per una pagella storta, iniziava sempre con ‘Sta’ attento’ e voleva solo spiegarmi alcuni meccanismi di uno spogliatoio costruito con scelte precise, dirmi che Bracci e Vullo nella stessa squadra li aveva voluti apposta, due caratteri fortissimi che a volte facevano scintille, ma garantivano sempre che la squadra non si sedesse.

Il brutto momento sarebbe passato, ovviamente aveva ragione lui.

Daniele che parlava di una figlia avuta troppo presto e gli brillavano gli occhi, Daniele che in quei momenti si rilassava come l’avevo visto solo la prima volta a un campionato di beach volley per giornalisti al Bagno Fantini di Cervia, in compagnia di una bellissima ragazza dell’est che attirava gli sguardi di tutti, e poi parlavi di volley e i vecchi saggi ti dicevano ‘guarda che quello un giorno sfonda’.

Non sono qui a farne un santo, su troppi valori personali avevamo visioni diametralmente opposte.

Ma so che dietro certi suoi comportamenti c’erano fragilità personali, visibili solo a chi aveva accesso al Bagnoli che stava dietro la maschera impassibile. E rimpiango di averlo potuto fare solo in rari momenti, appunto, di grazia.

Grazie di tutto, Daniele.