Poi dimmi come fai a non credere nel destino. Magari ero distratto io, per carità. Ma soltanto stavolta mi sono accorto che a due giorni di distanza sono nati Vasco Rossi e Julio Velasco, soltanto stavolta che ne fanno 70 e a tutti sembra impossibile, perché non solo i due sono in formissima, ma essendo creature che hanno alimentato i nostri sogni giovanili con le loro creazioni artistiche e sportive, in fondo per noi saranno sempre giovani.
Fin qui lo stupore. Poi ho pensato che ancora più sorprendente è ragionare su quanto i due siano simili per l’impatto che hanno avuto, quanto con il loro ‘genio’ siano ambasciatori di una emilianità naturale o acquisita. Ieri ho sentito Julio Velasco, trovate l’intervista oggi sulle pagine del Carlino, e come sempre è stata una chiacchierata alla fine della quale mi sono sentito più ricco dentro. Ma mentre gli facevo notare la strana coincidenza, due lettere e due giorni di differenza, dentro di me pensavo ai tanti punti di contatto tra i due, che pure non si sono mai incontrati di persona (e a Julio piacerebbe tantissimo, perché oltre ad apprezzarne le canzoni, ritiene Vasco un ‘fenomeno’ per come ha saputo entrare nel cuore della gente).
Ecco, che il condottiero della generazione dei fenomeni dica che il fenomeno sia l’altro potrebbe anche sembrare strano, e invece non lo è.
Provo a fare un elenco di motivi plausibili.
Julio Velasco ha ribaltato la storia del nostro volley rifiutando il luogo comune della sconfitta. Vasco dei luoghi comuni se ne è sempre fregato.
Velasco ha cambiato il modo in cui gli allenatori venivano percepiti, Vasco è un cantautore che ha rotto con gli schemi stilistici dei cantautori troppo ‘intellettuali’.
Velasco ha lasciato una serie di frasi famose, dagli ‘occhi della tigre’ a ‘nessuno mi toglie quello che ho ballato’, molte delle quali non sono neanche sue, ma lo sono diventate per l’uso che lui ne ha saputo fare. Quanti versi delle canzoni di Vasco sono diventati veri e propri slogan ideali, da ‘Liberi Liberi’ a ‘Siamo solo noi’, da ‘C’è chi dice no’ a ‘Io sono ancora qua’?
Velasco è tecnicamente un ottimo allenatore, ma la grande differenza rispetto agli altri grandi allenatori che magari hanno vinto più di lui è il modo in cui comunica. Nessuno ha la capacità oratoria di Velasco, nel volley e probabilmente anche nel resto del nostro sport. Se c’è una cosa in cui Vasco è diverso da tutti i suoi colleghi, è nella scrittura rock, scarna, essenziale, ritmica: la semplicità del lessico è la sua cifra stilistica perché combacia perfettamente con la metrica e la ritmica, parole come colpi sul rullante o riff distorti, e non è facile scrivere rock con la lingua italiana.
Ma la cosa più difficile è farsi capire da tutti. Nell’intervista, quando gli ho fatto notare che in pratica ha aperto la strada ai tanti allenatori chiamati a parlare nelle aziende, lui mi ha risposto: “Allenatori bravi che fanno le stesse cose che faccio io ce ne sono tanti, anche colti. Forse per la mia formazione universitaria filosofica io sono riuscito a concettualizzare meglio le cose che fanno tutti”. Perché, Vasco no?
Potrei andare avanti ore, e ringraziate che vi ho risparmiato il gioco di sovrapporre versi delle canzoni dell’uno alle frasi celebri dell’altro. Sono stato molto tentato….
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