VESCOVO di Rotterdam e supporto organizzativo per un’associazione pedofila. Almeno secondo la magistratura olandese che ha messo sotto accusa monsignor Philippe Bär (nella foto), dal 1983 al 1993 guida della diocesi più importante dei Paesi Bassi. Il presule non solo è sospettato di aver aiutato l’associazione, ma è anche accusato di aver preso parte al sodalizio. Per la Chiesa olandese è buio profondo. Con un filotto di cattive notizie da far tremare i polsi.

Solo qualche giorno fa la commissione d’inchiesta, voluta nel 2010 dalla Conferenza episcopale dei Paesi Bassi per far luce sugli abusi perpetrati da ecclesiastici, ha diffuso i numeri dello scandalo. Decine di migliaia i minori abusati sessualmente, ottocento chierici/religiosi coinvolti. Per l’esattezza, tra il 1945 e il 2010, <sulla base di 1.795 segnalazioni – si legge nel rapporto – la commissione ha potuto trovare 800 autori di abusi sessuali che lavorano o hanno lavorato per i vescovi. Di questi almeno 105 sono ancora in vita>.

Così, dopo gli Stati Uniti, l’Irlanda e il Belgio, la bufera pedofilia fa tappa in Olanda. Ed è subito processo alla Chiesa più liberal del Vecchio Continente, sin dai tempi del Nuovo Catechismo olandese (1966) che avanzò aperture su temi scottanti come omosessualità, aborto, anticoncezionali e sacerdozio femminile.

Senza dubbio le cifre sono pesanti, i vescovi hanno peccato di reticenza – o peggio -, ciònonostante criminalizzare un modello di Chiesa è operazione eccessiva. Primo, perché la pedofilia non è prerogativa dei progressisti (il clero in Irlanda non brilla certo per fughe in avanti); secondo, i vertici ecclesiastici dei Paesi Bassi hanno avuto almeno il coraggio di guardare in faccia il problema e promuovere  una rigorosa e trasparente indagine sul fenomeno. In più, risarciranno le vittime: 5mila euro per molestie verbali o comportamenti di natura sessuale, 25mila per violenza carnale e 100mila in casi eccezionali di stupro di gruppo o seri abusi.  Non basterà a cancellare l’orrore, ma almeno non sono rimasti a braccia conserte.

Qui in Italia la Conferenza episcopale non intende istituire una commissione d’indagine sulla pedofilia. I vescovi preferiscono concentrarsi sulla stesura delle linee guida per contrastare il fenomeno. Ma siamo certi che i casi di don Ruggero Conti e don Riccardo Seppia siano isolati? Può darsi, c’è da augurarselo. Eppure il dubbio resta.