PER LA PRIMA volta la giustizia canonica anticipa quella civile su un caso di pedofilia nella Chiesa. Merito del tribunale diocesano di Acireale che ha condannato in primo grado, per abusi sessuali su un minore, don Carlo Chiarenza, ex rettore della basilica di San Sebastiano. La sentenza impone al prete di dimorare per qualche anno fuori dalla diocesi, senza assumere incarichi ecclesiali e senza svolgere in pubblico il ministero. Chiarenza, stimato dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, e padre spirituale dell’ex presidente della Regione Sicilia,  Rino Nicolosi, ha sessanta giorni di tempo per ricorrere in appello davanti alla Congregazione per la dottrina della fede.

I FATTI a lui contestati risalgono al biennio 1989-1990, quando la vittima, Teodoro Pulvirenti, ora ricercatore negli Stati uniti, aveva solo 14-15 anni. E’ stato proprio lo scienziato a denunciare pubblicamente nel 2012, in una conferenza stampa a Roma, gli abusi subiti dal sacerdote. In quell’incontro, promosso dall’associazione contro la pedofilia La caramella buona, venne fatta ascoltare la registrazione audio, ottenuta di nascosto,  di un dialogo tra monsignor Chiarenza e Pulvirenti. <Mi sentivo sporco>, dice la vittima al prete, ripercorrendo gli anni delle violenze. <Io inseguivo il tuo desiderio di essere voluto bene – risponde Chiarenza -. E lo facevo non ponendomi limiti. Mi sembrava addirittura di farti del bene, come se tu avessi bisogno di liberarti. Un modo di dirti che ti volevo bene>. Al momento la registrazione è agli atti di un’inchiesta giudiziaria, avviata dalla Procura di Catania e condotta dai pm Marisa Scavo e Lina Trovato. L’indagine prosegue nel più totale riserbo.

ALL’INDOMANI della conferenza stampa, il vescovo di Acireale, monsignor Antonino Raspanti, lo stesso che qualche tempo fa ha vietato le esequie religiose ai condannati per mafia non pentiti, ha provveduto ad instradare un procedimento penale canonico ai danni dell’ex rettore di San Sebastiano. Che, come misura cautelare nel divenire del processo,  è stato allontano dalla diocesi. In una lettera ai fedeli, monsignor Raspanti ha spiegato in che modo si è arrivati alla sentenza di condanna in primo grado. <La nostra Chiesa diocesana – scrive il vescovo -,  nel rispetto delle persone e con la volontà di far luce sugli abusi denunciati lo scorso anno dal dott. Teodoro Pulvirenti nei confronti di don Carlo Chiarenza, ha iniziato l’iter giudiziario previsto dall’ordinamento canonico. Secondo le norme vigenti,  l’iter è proseguito a un livello superiore, guidato dalla Congregazione per la dottrina della fede, pervenendo a un primo grado di giudizio. In questo grado, non definitivo, il sacerdote è stato ritenuto responsabile degli abusi denunciati>. Con la conseguenza che, come riporta la sentenza resa nota da monsignor Raspanti, <dovrà dimorare per alcuni anni fuori dalla diocesi, non assumendo incarichi ecclesiali e non svolgendo il ministero in pubblico>. Ruvida la replica del condannato: <Non comprendo il motivo di tanto accanimento nei miei confronti, potendo solo immaginare che il Pulvirenti stia così manifestando le proiezioni di problematiche forse irrisolte>.

SECONDO i dati forniti dalla Conferenza episcopale italiana, in occasione della presentazione delle Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, dal 2000 al 2011, sono stati 135 i sacerdoti inquisiti dalla Chiesa in Italia per violenze sui minori e segnalati alla Congregazione per la dottrina della fede, il dicastero della Santa sede responsabile sui delicta graviora sin dai tempi del motu proprio di Giovanni Paolo II Sacramentorum sanctitatis tutela (2001) . A conti fatti, su 135 casi complessivi, le condanne sono state 53, 4 le assoluzioni, mentre i restanti 78 episodi sono ancora sub judice. Settantasette, invece, le denunce giunte alla giustizia italiana: 22 i preti condannati in primo grado, 17 in secondo grado, 21 hanno patteggiato, 5 assolti, 12 archiviati.

Giovanni Panettiere

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