Giovanni

NELLA SCELTA dei metodi di regolazione delle nascite non va rispettata solo la dignità dei coniugi. Anche la coscienza merita un analogo trattamento. Dopo la pubblicazione della Relatio post disceptationem, il documento di sintesi del dibattito nelle congregazioni generali, che sarà votato sabato, integrato e modificato con il contributo della riflessione dei circoli minori, il Sinodo viaggia verso un’accentuazione della responsabilità degli sposi in tema di contraccezione. Senza paura di scomodare la libertà di coscienza,

A CONFERMARLO è il cardinale Lluís Martínez Sistach, arcivescovo di Barcellona e moderatore di uno dei gruppi ristretti in lingua spagnola, intervenuto ieri al consueto briefing in Sala Stampa Vaticana sull’andamento dei lavori dell’assemblea sulla famiglia. <Sulla regolazione delle nascite – ha spiegato il porporato – il nostro circolo ha suggerito di emendare la relazione originale, aggiungendo alla tutela della dignità il rispetto della coscienza. Questa è molto importante e purtroppo oggi non si forma bene o non si sente a causa del rumore delle strade>. Anche dai circoli inglesi è arrivata la stessa sollecitazione, come ha riferito l’altro moderatore, il presidente dell’episcopato statunitense, monsignor Joseph Edward Kurtz.

LE MODIFICHE proposte sulla contraccezione danno la misura di come, nonostante la controffensiva dei cardinali e vescovi conservatori contro il testo originale (<Così come è non voterei mai la relatio>, ha detto due giorni fa il prefetto di Propaganda Fide, Fernando Filoni), la larga maggioranza dei padri sinodali non intenda stravolgere il documento. Semmai integrarlo. <Occorre sottolineare di più la bellezza e l’importanza della famiglia cristiana, perché così si potranno evitare le ferite>, è la sintesi di Sistach.

SCRITTO in analogia con il Concilio Vaticano II, che, pur evidenziando come <l’unica Chiesa in Cristo sussiste nella Chiesa cattolica>, riconosce al di fuori di questa <parecchi elementi di santificazione> (costituzione Lumen Gentium), la Relatio post disceptationem, muovendo dal l’ideale del matrimonio cristiano, ha suscitato reazioni positive nella stampa internazionale e non solo per il suo approccio induttivo alla questione spinosa della famiglia e per il suo sguardo inclusivo sulle situazioni irregolari che si muovono fuori dall’alveo delle nozze cristiane. Si pensi alla sottolineatura degli <elementi costruttivi> presenti nei matrimoni civili come nelle convivenze, all’invocazione di <scelte coraggiose> su divorziati, separati e unioni civili, con l’indicazione, tra l’altro,  di un percorso penitenziale propedeutico all’accesso ai sacramenti, non indiscriminato, per chi si risposa dopo la rottura del vincolo sacramentale del matrimonio.

E ANCORA e soprattutto va menzionato il rimando a gay e lesbiche, portatori di <doti e qualità da offrire alla comunità cristiana>, accompagnato da quella che senza dubbio è l’affermazione più innovativa dell’intero documento, per l’immediatezza del linguaggio e per l’approccio misericordios: <Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali, vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners>.

REGGERANNO tutte queste aperture? Quelle sulle persone omosessuali, sicuramente le più controverse in seno all’assemblea, potrebbero essere sfumate. Ma il presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, il cardinale Francesco Coccopalmerio, mentre la notte avvolge il colonnato del Bernini, rassicura: <Ha ragione il relatore generale Erdò, quando dice che la relazione sarà accolta a larga maggioranza. Non penso che ci saranno grossi stravolgimenti rispetto al testo originale>. Poche parole, tante speranze per chi in passato si è visto chiudere la porta in faccia persino da sua madre, la Chiesa.

Giovanni Panettiere

Twitter: panettiereg

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