IL VATICANO II <ha rotto l’unità del magistero ecclesiale>. Non resta che porre rimedio, <con urgenza sempre più grande, alle gravi deficienze che paralizzano l’esercizio del magistero dalla fine del Concilio>. Si avvicina l’anniversario dell’ultima assemblea episcopale e i lefebvriani tornano a stringere d’assedio l’eredità del Vaticano II. Il 25 gennaio la Chiesa celebrerà l’annuncio dell’assise (1959), qualche mese più tardi ricorderà i cinquant’anni dalla sua apertura. Ma per i tradizionalisti non c’è nulla da festeggiare.

A complemento della prima risposta al preambolo dottrinale, inviato dalla Santa sede e da sottoscrivere per il reintegro nella Chiesa, i lefebvriani hanno trasmesso in questi giorni un secondo testo. Destinataria la pontificia commissione Ecclesia Dei, incaricata dal papa di negoziare il ritorno dei scismatici. Ed è l’ennesimo affondo: <Su quattro punti – si legge  nel documento – gli insegnamenti del Vaticano II sono evidentemente in contraddizione logica con gli enunciati del magistero tradizionale anteriore: libertà religiosa, ecumenismo, collegialità, ecclesiologia>.

Dopo la liberalizzazione del messale pre-conciliare (2007), la revoca nel 2009 della scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti, i due anni di colloqui dottrinali, il nodo non si scioglie. A dividere Roma e i lefebvriani resta, come sempre, l’ermeneutica del Concilio. Papa Benedetto XVI insiste nella tesi del Vaticano II come riforma nella continuità con la tradizione dottrinale cattolica (Discorso alla Curia romana, 2005), i lefebvriani denunciano una rottura netta tra la Chiesa post Vaticano II e la storia precedente.

Sembra paradossale, eppure l’interpretazione conciliare fornita dai tradizionalisti strizza l’occhio all’ermeneutica della Scuola di Bologna. Anche per Giuseppe Alberigo e Giuseppe Dossetti il Vaticano II segnò uno iato nella storia della Chiesa. Stesso opinione dei gruppi progressisti che guardano alle Due Torri per capire e raccontare il Concilio. Divisi su tutto (liturgia, ecumenismo, morale sessuale, sacramenti)  i destini della destra e della sinistra ecclesiale si incrociano almeno sul significato dell’ultima assemblea ecumenica.

Nonostante il ripristino dell’unità con i scismatici sia tra i desiderata di Ratzinger, l’obiettivo appare lontano. Il papa di concessioni ne ha già fatte, ciononostante il tira e molla persiste. Ratzinger parlerà della questione  anche con il collegio cardinalizio il 17 febbraio alla vigilia del concistoro, ma a quanto pare l’unica soluzione possibile appare quella di rinunciare al Vaticano II come criterio per rientrare in comunione. Si può fare, certo: sarebbe come concedere la cittadinanza lasciando il diritto di derogare e denigrare la Costituzione.

Giovanni Panettiere