QUEL BICCHIERE di troppo potrebbe davvero costargli grosso. Rischia quantomeno di slittare la cerimonia di insediamento del nuovo vescovo di San Francisco, Salvatore J. Cordileone. L’italo-americano, 56 anni, dovrebbe assumere il timone della diocesi il 4 ottobre, ma la notte in gattabuia per guida in stato d’ebbrezza ha creato parecchio imbarazzo nella Chiesa cattolica. Non solo americana. Anche in Vaticano la notizia ha fatto arrossire più di un cardinale, tanto che ad oggi non si escludono le dimissioni del presule designato. Dalla sua Cordileone può vantare una fedina penale immacolata e soprattutto un rosario di altri vescovi, che, pur avendo alzato il gomito al volante, sono rimasti al loro posto. L’ultima parola spetta al papa, ma gli eventuali cambi di programma non saranno comunque imminenti.

DI CERTO lo scandalo ha fatto il giro del mondo, compromettendo l’immagine di un pastore già inviso alle frange progressiste della Chiesa e della società. La sera di venerdì 24 agosto Cordileone aveva preso parte, in compagnia della madre, ad una cena a San Diego nell’abitazione di alcuni amici. Salutata la compagnia, il vescovo si era messo al volante per riaccompagnare la mamma a casa. Poco dopo la mezzanotte, però, è incappato in un controllo di routine della polizia locale ed è stato sottoposto al test sul tasso alcolico. Anche se non era ubriaco, come confermato dagli stessi agenti che l’hanno fermato, il livello di alcol nel suo sangue era fuori dalla norma. A quel punto per Cordileone sono scattate le manette e ha dovuto trascorrere nove ore dietro le sbarre prima di essere rilasciato dietro il pagamento di una cauzione da 2.500 dollari.

<CHIEDO scusa  per il mio errore di giudizio e provo vergogna per il disonore che ho provocato alla Chiesa e a me stesso. Pagherò il mio debito alla società e chiedo perdono alla mia famiglia, ai miei amici e ai miei collaboratori della diocesi di Oakland e della diocesi di San Francisco». Con queste parole Cordileone ha ammesso le proprie responsabilità, mettendo a tacere qualsiasi tesi complottista. Nessun accenno, invece, alla cerimonia di passaggio dalla diocesi di Oakland a quella di San Francisco, in agenda appena cinque giorni prima dell’udienza davanti al giudice.

FIGURA di spicco della nuova generazione di vescovi americani, insieme al cardinale di New York, Timoty Dolan,  all’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput e al vertice di Los Angeles, José Gomez – per loro la stampa ha coniato l’etichetta di ‘conservatori creativi’ – , Cordileone è stato promosso a San Francisco il 27 luglio dopo appena tre anni di servizio a Oakland. Benedetto XVI punta su di lui per mettere in riga la diocesi californiana, considerata troppo liberal. Sin dai tempi di monsignor John Quinn, già numero uno della Conferenza episcopale americana, per 18 anni vescovo della città (1977-1995) e promotore di una pastorale innovativa per le persone omosessuali in quella che resta la capitale a stelle e strisce della comunità Glbt.

DI TUTTA altra pasta è il vescovo Cordileone. Basti pensare che a Oakland ha tirato fuori le unghie per far quadrato attorno alla legge 8 dello Stato della California. Ovvero il provvedimento ostativo alle nozze fra persone dello stesso stesso. Uno sforzo conosciuto e lodato dal papa che ha premiato Cordileone con la nomina a San Francisco. Sarebbe una beffa se tutto andasse in fumo per  un bicchiere, un bicchiere di troppo.

Giovanni  Panettiere

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