Eucarestia ai divorziati, strada in salita

UN ACCENNO di sfuggita e poco più. Serpeggiano amarezza e delusione in chi sperava in una svolta della Chiesa sul nodo dei divorziati risposati dopo l’ampio confronto sul tema in seno al Sinodo dei vescovi. La diffusione dell’elenco finale delle Propositiones – le indicazioni al papa, frutto del dibattito nell’assise – ha raffreddato i timidi entusiasmi. Il testo […]

UN ACCENNO di sfuggita e poco più. Serpeggiano amarezza e delusione in chi sperava in una svolta della Chiesa sul nodo dei divorziati risposati dopo l’ampio confronto sul tema in seno al Sinodo dei vescovi. La diffusione dell’elenco finale delle Propositiones – le indicazioni al papa, frutto del dibattito nell’assise – ha raffreddato i timidi entusiasmi. Il testo confina la questione in un paragrafo della più ampia proposta sulla famiglia, oltretutto, stando a indiscrezioni, con un accento ispirato più alla preoccupazione di rispettare la dottrina vigente che a rispondere alle attese avanzate da voci molto qualificate durante l’assemblea.

<Sui divorziati risposati – ha risposto ai giornalisti il cardinale Peter Erdo, presidente della Conferenza delle commissioni episcopali d’Europa – qualcosa c’è, ma finora non sembra molto maturo>. Nelle prossime ventiquattro ore il confronto interno al Sinodo sarà quindi decisivo per capire se la proposta finale verrà ritoccata nell’ottica di una maggiore accoglienza e della possibilità di accesso all’Eucarestia per chi ha visto fallire il proprio matrimonio. Sul punto la legge della Chiesa è cristallina: la Comunione è vietata a chi convola a seconde nozze e non vive con il nuovo coniuge da fratello e sorella.

Nei giorni scorsi, dal dibattito sinodale, sono emersi vari interventi di vescovi sensibili al cambiamento. A rompere il ghiaccio ci ha pensato monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti, che, riflettendo sull’approccio ai sacramenti dei figli dei divorziati risposati, ha chiesto <una decisa svolta nel senso della carità pastorale> per chi è escluso dalla Comunione (12/10/12). <Pur riconoscendo le difficoltà, credo oggi sia fondamentale essere presenti come Chiesa nella vita di tante coppie di fatto o di divorziati risposati>, ha rilanciato il vescovo maltese di Gozo, Mario Grech (16/10/12).

Per il vescovo di Basilea, monsignor Felix Gmur, la Chiesa deve trovare delle soluzioni per trattare i casi di chi non può essere ridotto a una realtà peccatrice. <Le persone  –  questo il cuore dell’intervento, piuttosto articolato, del pastore svizzero – vivono in diverse  relazioni: sia nel matrimonio, quindi in famiglie così come queste sono pensate dalla Chiesa, che in altre legami quasi  famigliari. Per esempio, ci sono coloro che sono  stati sposati e si sono divorziati e ora vivono in un nuovo matrimonio, ma sono considerati peccatori dunque non sono ammessi  all’eucaristia. Qui c’è da ripensare il dato, perché ogni caso è unico. Conosco una coppia: loro sono sposati da 50 anni e  tutti e due hanno alle spalle brevi esperienze matrimoniali, questi 50 anni non contano nulla? È una realtà solo peccatrice? Forse, la Chiesa deve immaginare un nuovo trattamento> ((19/10/12). <Nessuno è buttato fuori dalla comunità, per una sua irregolarità di situazione familiare>, si è affrettato a precisare il cardinale Giuseppe Betori, presidente della Commissione per il messaggio conclusivo del sinodo, ai microfoni di Radio Vaticana (20/10/12).

Già Benedetto XVI, in occasione della Festa mondiale delle famiglie, aveva espresso un concetto analogo a quello dell’arcivescovo di Firenze (2/6/2012). Sin dall’inizio del suo pontificato Ratiznger si è mostrato particolarmente sensibile alla questione di chi ha visto fallire il proprio matrimonio.  <Ai divorziati risposati – ha ricordato al meeting di Milano – dobbiamo dire che la Chiesa li ama, devono vederlo e sentire che realmente facciamo il possibile per aiutarli>. Buoni propositi, di difficile attuazione, però, visto che è sul come mostrare la vicinanza del popolo di Dio che la Gerarchia ecclesiale si divide. La voglia di cambiamento si scontra con le resistenze di chi non intende mettere mano alla dottrina. E, gira e rigira, il nodo gordiano resta sempre quello dell’accesso all’Eucarestia.

Comunione come diritto o Comunione come dono? Ne discussero, su fronti opposti, i cardinali Angelo Scola e Julian Herranz nel sinodo sull’Eucarestia del 2005.  Ne uscì un duello a cavallo tra la teologia e il diritto, senza ricadute pratiche nella vita della Chiesa. Il porporato spagnolo sostenne e motivò, forte della sua esperienza da giurista, la tesi del diritto a comunicarsi, ma evitò di spingere l’acceleratore nella direzione di una revisione della normativa sui divorziati. Ora, a distanza di sette anni, dopo una risma di manifesti di teologi progressisti, di appelli dalla base cattolica e sporadiche fughe in avanti di singoli vescovi, in sinodo si fa sul serio. Voci importanti dell’episcopato mondiale abbandonano la diplomazia e chiedono un cambio di passo. Sarebbe grave se il testo finale del sinodo restasse sordo a queste richieste.

Giovanni Panettiere

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