PRIMA la santificazione di Giovanni XXIII, senza l’onere della prova di un miracolo, ora la nomina a cardinale del segretario personale dello stesso Roncalli. Francesco aggiunge un altro grano al rosario che lo lega al Papa buono con cui condivide la prescrizione della <medicina della misericordia> e l’urgenza di un aggiornamento della pastorale da coniugare alla dottrina della Chiesa. Della berretta rossa sul capo di monsignor Loris Capovilla si fantasticava da decenni. Ciononostante la Chiesa, pigra e timorosa, ha atteso  il primo papa gesuita della storia per evadere dalla cella angusta del ‘vorrei ma non posso’, che laverà anche le coscienze, ma non scomoda nessuno. A Francesco non può essere sfuggito il valore simbolico-politico della promozione del segretario di Giovanni XXIII che a 98 anni compiuti resterà fuori dalla Cappella sistina. Con il piglio di chi sa che ogni scelta comporta più di un malumore, Bergoglio deve averlo scovato quel segno  tra le immagini in bianco e nero dell’apertura del Concilio Vaticano II.

QUELL’11 ottobre 1962 Capovilla era seduto a fianco di Roncalli, quando il pontefice, che invitava la Chiesa a prestar occhio ai <segni dei tempi>, pronunciò uno dei suoi interventi più audaci, il Gaudet mater ecclesia. Alla storia è passato come un discorso spiazzante per <i profeti di sventura> che scorgevano lo zampino del maligno dietro ogni tendenza della modernità. Oggi, a distanza di oltre cinquant’anni da quel giorno, i pessimisti gracchiano come allora alle spalle di un altro papa scomodo. Sono orfani stavolta degli strali contro il relativismo e la secolarizzazione, sono smarriti per la perdita del sussidiario di retorica sui principi non negoziabili, si fanno coraggio convincendosi che in fondo, con Bergoglio-papa, non sta cambiando nulla, perché la dottrina è salva, quasi che questa fosse più importante del Vangelo.

E’ A LORO, non ad altri, che parla la nomina di Capovilla per dire che va la levata la retromarcia impressa nel popolo di Dio da Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger, il primo espressione della minoranza conciliare, il secondo fra i teologi liberal del Vaticano II traumatizzati dalle folate del ’68. Con Francesco al timone della barca di Pietro, lo spirito del Concilio è tornato a soffiare senza tentennamenti e i suoi testimoni ora sono rossi. Di un rosso porpora, che sorprende come ogni gesto, ogni parola, semplice e dirompente, di un papa, che lo Spirito santo ha preso dalla fine del mondo per raggiungere <le periferie dell’esistenza> e riscaldare i cuori di chi ha patito il freddo di un lungo inverno chiamato post-Concilio.

Giovanni Panettiere

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