Qui Bologna, Italia: scuola, statalismo e stalinismo

Il referendum di Bologna sulle scuole pubbliche, private e paritarie, è stupido per mille motivi.  Chi vota A reclama la salvaguardia delle scuole pubbliche, ma in realtà non fa che tutelare delle vecchie posizioni di privilegio, diciamo pure delle caste, di coloro che ritengono che i soggetti principali dell’istruzione sono gli insegnanti, il corpo dirigente, […]

Il referendum di Bologna sulle scuole pubbliche, private e paritarie, è stupido per mille motivi.  Chi vota A reclama la salvaguardia delle scuole pubbliche, ma in realtà non fa che tutelare delle vecchie posizioni di privilegio, diciamo pure delle caste, di coloro che ritengono che i soggetti principali dell’istruzione sono gli insegnanti, il corpo dirigente, gli amministrativi, i bidelli, eccetera eccetera e non gli studenti. Se invece partiamo dal principio che quando parliamo di scuola in primis ci devono interessare i ragazzi, allora diventa conseguenziale e logico seguire il percorso che tutto il mondo ha intrapreso e che una parte della nostra vecchia Italia stalinista ancora non capisce.

Io genitore ho il dovere di istruire mio figlio ma anche il diritto di fargli scegliere l’istruzione che preferisco (sempre che sia, nei suoi principi base, consone alle direttive nazionali, ovvio). Così’ se lo voglio mandare in una scuola pubblica, devo avere la possibilità di mandarlo in una scuola pubblica. Se lo voglio mandare dalle suore, devo avere la possibilità di mandarlo dalle suore. Se lo voglio mandare alle scuole delle Coop, devo avere la possibilità di mandarlo alle scuole delle Coop.

Il problema è che in Italia (e l’Europa ci ha già più volte rimproverato ufficialmente) non c’è ancora parità vera e così chi manda i figli alle private spesso deve pagare di più. Perdipiù _ paradosso dei paradossi _ paga due volte: la fetta di tasse destinata all’istruzione pubblica di cui non usufruisce, poi la retta privata necessaria al’istiuto privato per sopravvivere se non arrivano soldi dal pubblico.

Negli ultimi anni, soprattutto negli asili, le cose sono cambiate e per fortuna c’è anche una sorta di parità economica. Cioè: il Comune che non è in grado di costruire mille asili, contribuisce (a Bologna per un milioni di euro) al funzionamento di questi asili. E’ da qui che nasce l’inghippo folle del referendum di Bologna. Chi sostiene l’A, dice: il Comune non deve sganciare un euro. Folle. Intanto perchè senza uistituti privati metà dei nostri figli sarebbero a spasso e poi perchè è espressamente previsto da tutti (Europa, nostra costituzione e buonsenso) che in base al  principio di sussidiarietà l’ente pubblico dia una mano al buon funzionamento di un’inziativa privata.

Il bello è che con le paritarie, il pubblico risparmia anche quattrini. Tanti quattrini. Eppure c’è ancora chi reclama pubblico e stop. Infischiandosene di tutto, anche di quella Costituzione che sbandierano quando fa loro comodo e di tutte le direttive dei paesi civili, Ue in testa.

Ecco perchè, a Bologna, è logico e giusto votare B.