Nel mondo, nel 2011, 44 milioni di bambini non sono nati. Cioè: sono stati abortiti. Vogliamo non chiamarli bambini? Vogliamo chiamarli feti, progetti di vita, embrioni o pinchi pallini? Ok, facciamolo pure. La sostanza non cambia. Quella roba lì (e lo sappiamo tutti benissimo, non c’è bisogno di una relazione scientifica) è qualcosa di unico e irripetibile dal momento del concepimento, il confine temporale (tre mesi? quattro?) è una cosa che ci diciamo noi umani per pulirci un po’ la coscienza  Quella roba lì ero io che scrivo e tu che leggi.
So bene che quando si scrivono certe cose si finisce sempre per passare per i bacchettoni moralisti e cattolici, mentre se ci mettiamo a parlare dei bambini che muioiono di fame (problema straziante, ovviamente), o degli animali abbandonati (problema un po’ meno straziante ma sempre problema, intendiamoci), beh, tutti a parlare di alta coscienza civica.
Io questi atteggiamenti qua li chiamo così: ‘relativismo’.
E con questo non sono qui a dire che l’aborto va punito, che le donne che lo fanno sono delle criminali o chissà cosa. Figuriamoci. Sono delle persone che vanno aiutate a superare la loro umanissima debolezza, altro che criminali! Ma smettiamola, per piacere, di tenerci il prosciutto negli occhi e sorridere quando si tirano fuori argomenti come questi, definendoli antiquati, bigotti, da sacrestia.
Non sono da sacrestia. Sono discorsi da uomini. Poniamocelo il problema, affrontiamolo: poi so beneo che la soluzione è difficilissima da trovare e quasi sempre si trova con un’esperienza, una condivisione, una compagnia, non certo con una dotta lezione.
Quarantaquattro milioni di bambini che non ci sono: una nazione. Mi fermo qui

www.massimopandolfi.it