Orge, Pepponi e Don Camilli

Pepponi e Don Camilli ai ferri corti, in salsa emiliana. Fra Bologna e Ferrara, in neanche quattro giorni, sindaci e arcivescovi non se la sono mandati a dire. A Ferrara il primo cittadino Tiziano Tagliani ha digerito malissimo la frustata dell’arcivescovo Luigi Negri che ha definito il sagrato dello storico Duomo estense «un postribolo, dove […]

Pepponi e Don Camilli ai ferri corti, in salsa emiliana. Fra Bologna e Ferrara, in neanche quattro giorni, sindaci e arcivescovi non se la sono mandati a dire. A Ferrara il primo cittadino Tiziano Tagliani ha digerito malissimo la frustata dell’arcivescovo Luigi Negri che ha definito il sagrato dello storico Duomo estense «un postribolo, dove io stesso ho visto scene di sesso tra ragazzi, in atteggiamenti orgiastici».

E Negri ha minacciato-proposto di mettere una cancellata per dividere il sacro dal profano.

A Bologna il cardinale Carlo Caffarra, tre giorni prima, commentando il discorso del sindaco Virginio Merola al gay pride («Bisogna arrivare alle nozze e alle adozioni omosessuali») ha tuonato: «Queste parole fanno venire da piangere. Le leggi non possono sostituire la verità».

Fra nozze gay e orge davanti alla chiesa: chi ha ragione, chi ha torto? Peppone o Don Camillo? Il diavolo o l’acqua santa? Modeste istruzioni per l’uso, o meglio per la scelta: a Caffarra e Negri, comunque la si pensi (possono avere, cioè, ragione o torto marcio), va comunque garantita libertà di parola e di pensiero.

Libertà, sì: perchè la voglia matta e modaiola di recintare la fede dentro le chiese o in sacrestia, in nome della reclamatissima laicità dello stato, rischia di diventare la forma più subdola e incivile di intolleranza moderna.