QUELLO che sta capitando in questi giorni a Reggio Emilia è incredibile: un assassino, reo confesso, è stato liberato perché in tribunale hanno perso per strada il suo fascicolo. Ieri sera il ministro della Giustizia Cancellieri ha deciso di inviare gli ispettori in Emilia ed è il minimo che potesse fare.

L’UOMO scarcerato, Ivan Forte, ha ucciso barbaramente la convivente, è rimasto un anno in cella e qualche giorno fa è tornato a casa sua, in Calabria, per «decorrenza dei termini», modo di dire tecnico e astruso che, nel caso specifico, significa semplicemente ciò di cui sopra e cioè: magistrati, cancellieri o chissà chi, si sono dimenticati la pratica e non hanno fatto in tempo ad evitare il patatrac.
Il presidente del Tribunale ha ammesso che il fascicolo si è ‘infrattato’, si è detto dispiaciuto, ha ordinato un’inchiesta interna e poi ha spiegato che questo «banale disguido» (banale disguido?) è stato provocato anche dalla cronica carenza di organici.
Eh no, signor presidente: parliamo di un omicida (reo confesso), non di un ladro di polli. E visto che non ci risulta che a Reggio Emilia ci siano 315 omicidi all’anno, chiediamo, esigiamo, che un caso come questo non venga trattato con una simile, imbarazzante superficialità, quasi fosse una scartoffia qualunque. E’ gravissimo — fra l’altro nei mesi cupi del femminicidio dilagante — che un uomo che ha strangolato la sua compagna possa girare indisturbato in Calabria e, in teoria, sia messo anche nella condizione di darsela a gambe, per evitare processo e scontata condanna.
Vogliamo capire (subito) cos’è successo. Vogliamo sapere (subito) chi ha sbagliato. Vogliamo, banalmente, che il colpevole o i colpevoli paghino. Subitissimo.