Lucio e lo strazio di Marco. Abbracciamolo in silenzio

  IL SUO volto è sfigurato dal dolore, basta guardare la foto qui sopra. Marco Alemanno era un bambino quando ascoltò per la prima volta “Le Rondini”, la struggente poesia d’amore e sul senso della vita scritta e cantata da Lucio Dalla. Ne fu folgorato. Oggi, 4 marzo 2012, ventidue anni dopo, spetta proprio a […]

 

IL SUO volto è sfigurato dal dolore, basta guardare la foto qui sopra. Marco Alemanno era un bambino quando ascoltò per la prima volta “Le Rondini”, la struggente poesia d’amore e sul senso della vita scritta e cantata da Lucio Dalla. Ne fu folgorato. Oggi, 4 marzo 2012, ventidue anni dopo, spetta proprio a lui, Marco, il compito più grande, difficile. Un onore e uno strazio. Leggere nella basilica di San Petronio, davanti a chissà quante migliaia-milioni di persone, fra maxi schermi e tivù, i versi di quel capolavoro. Unica, diciamo così, eccezione al rigido ma consueto protocollo preteso dalla Chiesa: durante i funerali non si possono eseguire canzoni extraliturgiche. Non si canterà “4 marzo 1943”, per dire, ma si leggerà “Le Rondini”. E sul palco, che stavolta sarà rappresentato da un’altare, con sotto una bara, salirà Marco.

CHI È MARCO? Marco è quel ragazzo dallo sguardo smarrito e la faccia pietrificata dalle lacrime che seguiva in prima fila, ieri mattina, il feretro di Lucio che lasciava per l’ultima volta la sua-loro abitazione di via D’Azeglio per andare a ricevere l’abbraccio di Bologna, dell’Italia, di mezzo mondo, nel cortile vestito a lutto di palazzo D’Accursio.

Ma fino a tre giorni fa, fino a quel maledetto dopo colazione in Svizzera, Marco, 32 anni, leccese, era l’uomo ombra, il consigliere, il figlioccio, l’allievo, il collaboratore, il coautore, il corista, la voce recitante, il produttore, l’amico del cuore di Lucio. Da tanti anni. Una presenza insostituibile. Diciamo pure anche il compagno, senza sciocchi imbarazzi ma anche senza ostentazioni particolari, cose che forse a Lucio avrebbero solo fatto ridere, o arrabbiare. Senza dire nulla, in tutti questi anni, Lucio e Marco non hanno mai nascosto nulla. E forse stona un po’ il Franco Grillini (Idv, “capo” storico dei gay), che ieri ha espresso pubblicamente le condoglianze al compagno di Lucio, cioè Marco. Poteva abbracciarlo in privato, e stop.

LUCIO E MARCO si erano conosciuti all’inizio degli anni Duemila, quando Marco frequentò il teatro del Navile di Bologna per la scuola di recitazione e lì si diplomò; da allora non si sono più separati.

Oggi spetta a Marco l’ultimo tributo-saluto e, permetteteci di sottolinearlo, è giusto così. Non ci sono incongruenze, anche se il tutto avviene in Chiesa. Lucio Dalla amava ripetere: «La fede cristiana è l’unico punto fermo, l’unica certezza che ho». Accettava di essere un peccatore (e siamo un po’ tutti peccatori, nei mille aspetti della vita) e ascoltava umilmente quello che la fede aveva da dirgli, magari anche sulla morale sessuale. Senza ipocrisie, magari senza mettere in dubbio tutto per giustificare se stesso.

 

Mio articolo dal Quotidiano Nazionale di domenica 4 marzo 2012