Le bufale sul terremoto

IL TERREMOTO dell’Emilia non è roba del tempo che fu. Il terremoto è adesso, oggi. Il terremoto è purtroppo ancora attualissimo. Anche se sono passati 228 giorni da quel primo botto che ha devastato la nostra terra. Anche se il calendario ha girato anno ed è finito nel cestino il 2012 delle macerie. L’EMILIA è […]

IL TERREMOTO dell’Emilia non è roba del tempo che fu. Il terremoto è adesso, oggi.

Il terremoto è purtroppo ancora attualissimo. Anche se sono passati 228 giorni da quel primo botto che ha devastato la nostra terra. Anche se il calendario ha girato anno ed è finito nel cestino il 2012 delle macerie.

L’EMILIA è buona, brava e operosa, ok: ma smettiamola di far credere che i problemi siano già stati risolti, perchè non è così. Non è affatto così. La realtà vera — che migliaia di modenesi, ferraresi e bolognesi affrontano e vivono ogni giorno sulla propria pelle — è che c’è ancora tanto (se non tutto) da fare. E se il presidente Napolitano non spreca una-parola-una nel suo discorso di fine anno per la nostra terra in difficoltà, se il giornale della Confindustria la settimana scorsa lodava con un editoriale in prima pagina il modello emiliano, disegnando in sostanza da una nuvola lontana anni luce dalla realtà il quadro farlocco di una terra rinata, ecco, è bene fermarsi un attimo. E fermare questa pericolosa cantilena che in certi ambienti importanti comincia a ronzare fastidiosamente e che recita più o meno così: l’emergenza è finita.

Non è finito un bel niente! L’Emilia operosa ma anche ferita ha ancora bisogno di tutto e di tutti: della Regione, del Governo, dell’Europa, dei privati, dei benefattori.

PERCHÉ tanta gente vive ancora fuori dalle proprie case; perché tanta gente vorrebbe ristrutturare le abitazioni semidistrutte ma non sa ancora di quanti soldi pubblici potrà usufruire (e ieri il Movimento 5 Stelle ha presentato a tale proposito un’interpellanza all’assessore regionale Muzzarelli); perché le imprese sono in crisi nera; perché l’arte resta in ginocchio; perché i centri storici sono ancora strapieni di rughe; perché di tutti questi benedetti soldi promessi o stanziati non si è ancora vista quasi nulla; perché la complicatissima burocrazia rende ogni operazione difficile e snervante; perché a L’Aquila ancora non pagano le tasse, a Sant’Agostino e Finale Emilia sì.