Venerdì scorso, in tre puntate diverse, ho vissuto una giornata intensa a Bologna, sdoppiandomi con il lavoro in redazione. al seguito di Max Tresoldi e della sua famiglia. Max Tresoldi è un ragazzo di 40 anni che il 15 agosto 1991 rimase vittima di un tremendo incidente stradale, mentre tornava in Lombardia dal mare. E’ rimasto per quasi dieci anni in stato vegetativo o almeno tutti _ medici in testa _ pensavano che Max fosse ‘scollegato’ dal mondo.

Non era così. Max capiva tutto, solo che non era in grado di uscire dal suo guscio. Sua madre Lucrezia e suo padre Ernesto, poco dopo quel terribile incidente, decisero di riportarselo a casa il loro Max e iniziarono una terapia speciale, in parte sconsigliata anche da alcuni sapientoni: la teoria dell’amore.  Casa Tresoldi è diventata una sorta di ‘comune’ dove si alternavano fisoioterapie a cene in allegria, dove si scherzava e si parlava con Max anche se lui,  Max, non rispondeva, non muoveva gli occhi, non faceva nulla. Non a caso i medici dissero all’epoca a sua madre: ‘Signora, si rassegni. Max non si sveglierà più. E’ come un tronco morto’.

Invece un bel giorno Max ce l’ha fatta, è uscito dal suo guscio. Non si può dire che si è risvegliato, perchè in realtà era sempre stato sveglio, solo che non riusciva a dircelo, a comunicarcelo, a urlarcelo. Nel dicembre del 2000 sua madre che pazientemente tutte le sere diceva insieme a Max le preghiere, gli prendeva la mano e gli faceva fare il segno della croce, cedette, umanamente cedette:  ‘Stasera figlio mio se vuoi pregare e farti il segno della croce, ti arrangi’.

Max si è arrangiato. E’ riuscito a muovere la mano, se l’è portata alla fronte, poi al petto, poi al cuore, poi a destra, poi alla bocca. Un miracolo? Sì e no. Forse qualcosa di meno, forse qualcosa di più. Un primo grande segno per tutti noi piccoli, grandi San Tommasi.

Quella è stata la ‘prova’ evidente che Max c’era e nei successivi dieci anni sono arrivati mille altri segni: la parola, ad esempio.

Ma questo percorso incredibile, pieno di tanta sofferenza ma anche di tanta gioia della famiglia Tresoldi, dimostra come sia sempre, SEMPRE!, possibile dare un significato a un’esistenza, anche a una vita che  può falsamente apparire inutile. Anche al tempo speso attorno a questa vita inutile-tronco morto che potrebbe sembrare tempo perso. Max è la testimonianza vivente, umana, carnale, che non è così. Max è la speranza, Max è la nostra Pasqua che ci può far dire che c’è qualcosa di immensamente più grande dietro i nostri pensieri, la nostra scienza, i nostri protocolli, i nostri confini umani.

In queste settimane la famiglia Tresoldi sta facendo il giro d’Italia per promuovere il libro ‘E adesso vado al Max’, scritto da mamma Lucrezia con la collaborazione di due amici giornalisti: Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola.

Venerdì con Max abbiamo incontrato un centinaio di ragazzi: è stata una mattinata bella, commovente. E’ giusto raccontare ai giovani la verità, è giusto far conoscere ai giovani persone come Max. E al termine dell’incontro ho detto ai ragazzi, ripetendo le parole usate dal vescovo di San Marino-Montefeltro Luigi Negri dopo una serata simile con dei giovani della sua diocesi:  ‘ Tutto il male che potete fare alla vostra vita, adesso, è dimenticare un avvenimento come questo’.

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