Addio amico mio, prigioniero ma libero

Conobbi Sebastiano Marrone sei anni fa: avevo cominciato a scrivere il libro ’L’inguaribile voglia di vivere’ e cercavo ‘testimoni di speranza’, cioè malati e disabili che nonostante un mare di difficoltà continuano a lottare come dei leoni per vivere. Mi colpì subito, perchè colui che sarebbe divenuto il mio amico Seba era davvero un vero […]

Conobbi Sebastiano Marrone sei anni fa: avevo cominciato a scrivere il libro ’L’inguaribile voglia di vivere’ e cercavo ‘testimoni di speranza’, cioè malati e disabili che nonostante un mare di difficoltà continuano a lottare come dei leoni per vivere.

Mi colpì subito, perchè colui che sarebbe divenuto il mio amico Seba era davvero un vero leone!

E chissè come ruggisce adesso in qualche angolo nascosto del cielo, finalmente libero da quelle malifiche corde che la Sla gli aveva ormai da un decennio attorcigliato addosso, soffocandolo giorno dopo giorno.

Lui voleva vivere, non sopravvivere. E nonostante tutto e tutti è riuscito a vivere ed essere un uomo libero, fino alle ultime ore della sua esistenza. Può sembrare folle o paradossale, certo, ma mi piace ribadirlo, vorrei quasi urlarlo: Sebastiano era un uomo libero. Anche se non parlava più; anche se non si muoveva più; anche se aveva bisogna di una macchina per respirare.

Un anno fa eravamo assieme dal Papa, in piazza San Pietro, perchè con il nostro Club L’inguaribile voglia di vivere fummo ricevuti da Benedetto XVI. Sebastiano riuscì anche a far consegnare un biglietto al Pontefice e mi risulta che il Vaticano si sia informato e abbia in qualche modo cercato un contatto successivo con lui.

Lui era un leone, lui era un signore: un anno e mezzo fa  andai a trovarlonella sua Castel di Lama (Ascoli) e lui riusciva comunque a fare l’elegante padrone di casa, anche se era messo così, Bastavano quei suoi due occhioni infuocati, dolci e tumultuosi per tenere in manola situazione. Stupefacente, ma vero.

Dovete sapere che qualche anno fa Seba aveva chiesto di morire. O meglio, lasciò detto alla sua amata moglie Marie: «Il giorno in cui dovessi essere attaccato a una macchina per continuare a vivere, non date l’autorizzazione. Preferisco andarmene».

Quel fatidico giorno arrivò, ma Marie ‘disobbedì’. Non riuscì proprio a separarsi dal suo compagno di una vita. Disse ai medici: «Attaccatelo alla macchina». Al risveglio, Sebastiano si arrabbio moltissimo con sua moglie. Una vita con il respiratore, non gli sembrava più vita. Temeva di non poter essere più un uomo libero. Poi, col tempo, sono cominciati a nascere i suoi nipotini e la felicità di poter vedere crescere attorno a sè tanti pargoletti ha preso il sopravvento. Insieme alla libertà ritrovata. E dopo un po’ Sebastiano ha scritto a sua moglie con un comunicatore vocale: «Grazie Marie, per avermi tenuto ancora qui con voi».